domenica 28 ottobre 2012

Ritorna l'epico «Kalevala» Il poema che ha reso la Finlandia una nazione

Tratto da Il Giornale del 3 maggio 2010


di Giuseppe Conte

Nel primo cinquantennio dell'Ottocento, un medico e filologo, cultore
appassionato della mitologia e della lingua del suo popolo, quello finlandese,
vaga per i villaggi più sperduti e raccoglie dalla viva voce di cantori leggende
e cosmogonie, per poi trascriverle e ordinarle in un complesso grandioso che
rappresenta l'ultimo tra i poemi epici e tra i libri sacri dell'umanità. Il
medico filologo si chiama Elias Lönnrot. Il poema è il Kalevala, che oggi
riappare in una nuova traduzione integrale presso le Edizioni Mediterranee
(Kalevala, pagg.378, euro 24,50; a cura di Marcello Ganassini).



Vale davvero la pena di immergersi in questo flusso straordinario di avventure
cosmiche, guerriere, magiche, sciamaniche. Il mito dimostra ancora qui la sua
potenza fondatrice. Ai tempi di Elias Lönnrot la Finlandia faceva parte della
Russia imperiale, e vi si parlavano, come lingue ufficiali, il russo e lo
svedese. Fu il lavoro apparentemente impossibile, quasi assurdo di Lönnrot e di
un gruppo di intellettuali imbevuti di spirito romantico a creare il finlandese
moderno e la Finlandia come Paese indipendente.
Un poema epico e pieno di potenza lirica e fiabesca messo insieme meno di due
secoli fa è il fondamento del Paese avanzato che oggi produce tecnologia tra la
più apprezzata al mondo. E il mito dimostra qui anche la sua intrinseca bellezza
di «canto dell'universo», come lo definiva Joseph Campbell, il mitologo cui ha
guardato come un maestro George Lucas mentre concepiva la saga di Guerre
stellari. Nel prologo cosmogonico dei primi due canti, o runi, viene descritta
Ilmatar, la grande madre, che stanca della sua esistenza di solitudine entra in
mare e viene fecondata dal vento e dalle onde. La sua gravidanza dura settecento
anni. Poi invoca Ukko, il dio supremo, e allora una anatra va a deporre le uova,
sei d'oro e una di ferro, nel suo grembo. Quando le uova si aprono, nascono dal
guscio il cielo e la terra e dal tuorlo il sole. Ma il suo ventre contiene anche
Vainamoinen, che vi resta trenta estati e trenta inverni prima di uscire nel
mare, e poi va alla deriva altri cinque anni sino a fermarsi a contemplare la
luna, il sole e le stelle. Vainamoinen è eroe e anche aedo, innamorato e
guerriero, sapiente e sciamano. È la voce pervasiva che regge tutto il poema
nella sua complessità. Accanto a lui, Ilmarinen, un fabbro che canta l'origine
magica e controversa del ferro, e che si sottopone per amore alle prove più
dure, arare un campo di serpi, catturare l'orso Tuoni e il lupo Manala, pescare
il terribile luccio del fiume Tuonela. Rimasto vedovo, Ilmarinen si costruisce
invano una compagna d'oro e d'argento. Lemminkainen è l'eroe birbante, bello,
spensierato, seduttore. Quando viene ucciso e gettato a pezzi in un fiume, il
pettine che ha lasciato nella casa natale sanguina, e sua madre può iniziare
l'opera di ricerca e di ricomposizione della salma, mettendo insieme i vari
pezzi con l'aiuto di Suonar, dea responsabile della circolazione sanguigna, e
poi di un'ape, «anima leggera», «agile creatura», che va a prendere in cielo il
nettare per ridare all'eroe la parola oltre che la vita.
Contro i tre eroi, si staglia Louhi, la signora di Pohjola, nemica insidiosa
perché può ricorrere ad arti magiche e inviare tra gli abitanti di Kalevala
epidemie che producono orribili piaghe e l'orso che divora il bestiame; e può
arrivare persino a nascondere il sole e la luna e a privare il popolo del fuoco.
La guerra si sposta dal terreno delle armi a quello della potenza sciamanica. Ma
non c'è solo guerra nel Kalevala.
Mirabili le descrizioni del risveglio della terra (l'eco delle quali ho
avvertito in Knut Hamsun), il tono fiabesco della madre che consiglia alla
figlia una dieta di bellezza come questa: «mangia buon burro per un
anno:/diventerai più florida delle altre;/ carne di maiale l'anno
dopo:/diventerai più graziosa delle altre» o l'episodio tragico dell'incesto
boschivo di Kullervo. C'è qui lo spirito etico che Carlyle riconoscerà nel mito
nordico svalutato da Goethe rispetto a quello greco-romano. E infine l'avvento,
con Marijatta e il suo bambino divino incoronato re, della nuova sapienza
cristiana, con la malinconica fuga di Vainamoinen su una barca di rame verso un
esilio che dura ancora.

giovedì 25 ottobre 2012

IL GRAAL IN ABRUZZO

Con grande piacere comunichiamo la pubblicazione del libro "IL GRAAL IN ABRUZZO" di una nostra antica amica, Nicoletta Travaglini, che ha collaborato con il nostro sito prestandoci alcuni suoi lavori:

La presentazione tratta dal sito della casa editrice:
"
Il Graal in Abruzzo

     L’eterna e affascinante ricerca del Graal ha incantato gli studiosi di tutte le epoche e la nostra non fa eccezione.
     Nel mistero di un lunga inchiesta che si snoda attraverso i secoli, luoghi e personaggi oscuri paiono sul punto di svelare i loro arcani segreti; la storia di questa inafferrabile Reliquia si perde così nella leggenda celata ai nostri occhi dalle pesanti coltri delle sabbie del tempo.
     In un percorso suggestivo Nicoletta Camilla Travaglini ha raccolto le possibili tracce del Graal nelle terre degli Abruzzi dove, come emerge da questo affascinante reportage, esso sembra aver lasciato profondi segni del suo probabile passaggio tanto a livello antropologico che archeologico.
     Lanciano e i suoi Miracoli Eucaristici, le sue Chiese, la storia di Longino e della lancia del destino; Atessa, la processione del Graal e le inquietanti testimonianze simboliche che al Graal rimandano; San Giovanni in Venere, in cui potrebbero essere stati custoditi la Sacra Reliquia e i molti, terribili segreti legati all’ordine del Tempio; Vasto, la Spina della Corona di Gesù e la tradizione del Toson d’oro; Manoppelo e la Veronica; e poi ancora San Buono, Liscia, Pollutri… Luoghi, appunto, e personaggi, come Celestino V, la Famiglia di Sangro, i Del Balzo, gli Orsini, i De Ocre, i D’Avalos, solo per citarne alcuni, la cui natura enigmatica e contraddittoria rende spesso ancora più misteriosa ed eccentrica la soluzione dell’arcano.


[ISBN-978-88-7475-290-4]
Pagg. 120 - € 10,00

Link al sito della casa editrice

domenica 21 ottobre 2012

Il simbolo

Un piccolo estratto dal libro di Titus Burckhardt "Considerazioni sulla conoscenza sacra":

"E' ugualmente possibile dimostrare a partire da questo esempio in qual modo i diversi significati di un simbolo relativi a differenti livelli di realtà, che sembrano talvolta contraddirsi, siano profondamente legati tra di loro e ricongiunti nel significato più alto dell'immagine, che è un significato puramente spirituale.
Questa molteplicità di interpretazioni fa parte del carattere del simbolo; è qui che risiede la sua superiorità rispetto alla definizione concettuale. Mentre quest'ultima integra un determinato concetto in un contesto logico e di conseguenza lo determina a un certo livello, il simbolo resta aperto, senza tuttavia essere impreciso; è innanzi tutto una 'chiave' che dona l'accesso alle realtà che oltrepassano la ragione"



giovedì 11 ottobre 2012

Il labirinto, la spirale ed il ballo

di Vito Foschi (pubblicato su Fenix del n.8 giugno 2009)

Il labirinto è un simbolo ricorrente che accompagna l’uomo fin dalla preistoria e che dal mito di Dedalo e del Minotauro lo ritroviamo in mille racconti, favole, fumetti e rappresentato dappertutto finanche nelle chiese medievali fino a costituire elemento di arredamento, a partire dal rinascimento, dei giardini delle ville signorili con i famosi labirinti di siepi.
Di labirinti esistono vari tipi, da quelli a pianta circolare a quelli con pianta quadrata, da quelli con un’unica via da percorrere per giungere al centro a quelli con incroci e vicoli ciechi da attraversare da una parte all’altra cercando la via giusta e così via. Una possibile classificazione può essere questa:

  • labirinti con un’unica entrata ed  un’unica uscita ovvero unicursale con un’unica strada aggrovigliata che impone una via di percorrenza obbligata ed unica ad esempio una spirale come il labirinto di Chartres;
  • labirinti con più entrate, più uscite;
  • labirinti con un’entrata, più uscite;
  • labirinti con più entrate, più uscite. 
In questo lavoro faremo alcune considerazioni sui labirinti unicursali ed in particolare considereremo quelli a forma di spirale in cui non esiste una vera e propria uscita ma l’obiettivo è raggiungere il centro.
Il simbolo della spirale è presente nella storia dell’uomo fin dalla preistoria ed facile trovarlo graffito su rocce o sulle pareti di caverne. Tale simbolo è stato associato spesso alle viscere dell’uomo data la loro conformazione. Se consideriamo i labirinti a spirale possiamo immaginare che attraversarli è per analogia un viaggio nelle viscere dell’uomo, al suo interno, al suo centro o cuore nascosto e per certi versi è anche un viaggio verso l’oltretomba che è una dimensione nascosta che si immagina interna alle viscere della terra e non a caso il termine. Dopotutto le stesse caverne e grotte sono considerate le viscere della terra. La spirale è una sorta di budello aggrovigliato che sta a rappresentare il mondo infero come le viscere all’interno dell’uomo.
Se consideriamo un altro simbolo come quello della triplice cinta formato da tre quadrati concentrici e da una croce sovrapposta che parte dal quadrato più interno e taglia i due più esterni a rappresentare il centro spirituale nascosto ed i tre gradi dell’iniziazione possiamo notare la sua somiglianza con un labirinto. Il quadrato nella tradizione rappresenta la terra contrapposto al simbolo del cerchio che rappresenta il mondo celeste. La capitale di Atlantide era circondata da tre fossati attraversati da ponti a ricordare la triplice cinta con cerchi al posto dei quadrati come già notato da altri studiosi quali il Guénon. Ed il cerchio rappresentava il suo essere più vicina al mondo celeste ed in effetti la distruzione avviene per mano degli dei che la puniscono per il suo allontanamento dalla legge divina.
Ritornando al labirinto di Chartres dobbiamo ricordare che percorrerlo in ginocchio era equivalente del pellegrinaggio a Gerusalemme. Nel medioevo Gerusalemme era rappresentata sulle mappe al centro del mondo perché la si considerava il centro del mondo e sul suo asse in cielo era disegnata la Gerusalemme Celeste ed in basso l’inferno a completare l’asse del mondo. Si percorreva la spirale per arrivare a Dio.
Il viaggio di Dante nella Divina Commedia è un viaggio a spirale, i gironi sono dei cerchi concentrici e Dante passa da un cerchio più largo a quello più stretto. Il numero tre che percorre tutta l’opera di Dante ricorda il tre della triplice cinta.
Nei riti praticati dagli sciamani è spesso usato il ballo per raggiungere il trance e così poter parlare con gli spiriti e si può ipotizzare che siano potuti esistere tipi di ballo per raggiungere il trance che seguivano il percorso della spirale, ballare lungo la spirale in tondo un po’ come i Dervisci che ballano freneticamente roteando su se stessi, ma in più nello stesso tempo avvicinandosi al centro. Il  ballo verso il centro poteva rappresentate il viaggio verso il centro occulto dell’uomo, all’interno delle viscere, nel cuore, centro spirituale dell’uomo che pone in contatto con la divinità. In fondo, nelle moderne scuole di ballo sul pavimento sono disegnati i passi da eseguire, così la spirale poteva servire agli sciamani per eseguire i loro balli e giungere alla trance.
La trance sciamanica è un modo per comunicare con l’oltremondano e può essere considerato una sorta di viaggio. La spirale rappresenta il mondo sotterraneo proprio perché rappresenta le viscere ed il ballo lungo la spirale è una sorta di viaggio verso il mondo infero per poi ri“uscire” a “riveder le stelle”.
La spirale è legata ai culti della Dea Madre, a rappresentare le viscere della dea come utero e la sua capacità riproduttive. Nella penisola salentina, in Puglia esistevano fino a pochi decenni fa il fenomeno delle tarantolate ovvero di donne che pizzicate da un fantomatico ragno, la tarantola, sono percorse da spasmi che le costringono a un ballo irrefrenabile che spesso termina nei pressi di un luogo sacro. Nonostante le spiegazioni sociologiche è evidente il legame con i culti della Dea Madre perché il ragno è un animale sacro alla dea ed il ballo non che può che essere il ricordo di un rito sciamanico che prevedeva il ballo e la musica per ottenere la trance come succede tuttora in alcune popolazioni o nel caso dei Dervisci già citato.
La grotta è il luogo di culto della dea e la spirale rappresenta anche il mondo sotterraneo per analogia con le viscere umane. Il percorso all’interno della dea, all’interno dell’utero, per giungere all’origine della vita, all’unità primordiale all’origine del Tutto.
Il labirinto può essere considerato un’evoluzione della spirale legata al culto della Dea Madre. La spirale come abbiamo già detto può essere considerato un labirinto unicursale con un’entrata ed un’uscita. Allontanandosi dalla perfezione iniziale, dalla mitica età dell’oro iniziale, il disegno della spirale-labirinto si confonde complicandosi sempre più. Si aggiungono dei bivii, più entrate, più uscite e si passa dal cerchio al quadrato dallo spirituale alla materialità, similmente alla pianta circolare della capitale di Atlantide che si trasforma nel quadrato della triplice cinta.
L’allontanamento dal centro spirituale e la progressiva materializzazione ha due conseguenze: il cerchio diventa quadrato e il labirinto da una via a più vie perché il centro diventa nascosto e non è più così semplice raggiungerlo.
Si aggiungono strade sbagliate per confondere chi non è degno e per occultare la strada come nella selva oscura di Dante che è equivalente al labirinto. All’interno della selva o labirinto non a caso la diritta via è smarrita, Dante trova finalmente la via guidato da Virgilio e si ha il passaggio da labirinto a spirale perché come abbiamo detto il percorso di Dante può essere considerato spriraliforme. L’evoluzione o meglio l’involuzione è stata da spirale a labirinto e per tornare al centro si deve passare dal labirinto alla spirale ovvero il passaggio inverso, all’interno del labirinto bisogna trovare la via diritta.
Il ricordo di una via privilegiata, di una strada maestra che permetta di giungere al cuore dell’uomo, a Dio si conserva ed abbiamo lo splendido labirinto di Chartres da percorrere come sostituzione del pellegrinaggio a Gerusalemme, centro per eccellenza.

domenica 7 ottobre 2012

Cos’è la "triplice cinta"

Tratto da "La Gazzetta del Mezzogiorno" del 18 luglio 2002

di Manlio Triggiani
 


Che significato ha la triplice cinta, presente in tutta Europa, con un simbolismo che aveva una forte caratterizzazione pagana e, in seguito, è stato assunto come simbolo cristiano della Chiesa? René Guénon ha spiegato il simbolismo ricordando che la triplice cinta druidica è una rappresentazione forse di tre gradi di iniziazione, presenti in tutte le scuole antiche nelle consorterie religiose. Insomma, si tratterebbe della rappresentazione della gerarchia.

Oppure, secondo la tradizione celtica, si tratterebbe dei tre cerchi o quadrati che indicano la vita, l’esistenza. Inoltre, le strisce a croce che collegano le tre cinte, sarebbero i livelli di insegnamento, tre canali attraverso la dottrina tradizionale, i saperi, che si comunicano da una parte all’altra.

La parte centrale della figura, quindi, rappresenterebbe il sapere, il punto più alto, il sapere supremo, che viene distribuito verso il basso. La parte centrale è quindi la fonte di insegnamento, come sosteneva lo stesso Dante.