venerdì 22 marzo 2013

La maledizione di Ondine

Titolo: La maledizione di Ondine

Genere: urban fantasy, paranormal romance

Target: young adult

Pagine: 280

Prezzo: 1,99 euro disponibile su Amazon dal 20/03/2013.

Autrice: Valentina Barbieri. Ha pubblicato un racconto, “Arèl”, nell’Almanacco Fantasy di Lettere Animate.


Trama:

Ondine è una giovane sensitiva in grado di percepire una dimensione in cui gli spiriti vagano, anelando il modo per tornare nel mondo dei vivi.

Cercando una spiegazione razionale e scientifica, Ondine, insieme all’amico Francesco, indaga su eventi paranormali.

La verità inizia a venire allo scoperto quando a Londra incontra Benjamin Law, un giovane e affascinante prete in grado di passare dall’Altra Parte. Grazie a lui, Ondine viene a conoscenza di oggetti posseduti e assiste a un terribile esorcismo.

Le informazioni su un antico Ordine dei Guardiani portano Ondine e Benjamin a Praga, alla disperata ricerca di Lysandra Novacek, l’ultima discendente della famiglia a capo dell’Ordine.

Tra spiriti e luoghi antichi, Ondine viaggerà per l’Europa, affrontando le sue più grandi paure, compresa quella di un amore così forte quanto impossibile.

“Quando attraversi le porte che separano il mondo dei vivi da quello dei morti,

devi essere sicura di poter tornare indietro…”

Chi sono i Guardiani dei Portali e perché l’Ordine si è sciolto dopo la seconda guerra mondiale? Cosa si nasconde dentro la dimora di Hasdeu, filosofo e politico romeno della fine dell’800?

Come si sconfigge chi è già morto?

mercoledì 20 marzo 2013

Le tavolette enigmatiche

Tratto da Archeologia & Cultura del 12 giugno 2012

di Vito Foschi

Le cosiddette tavolette enigmatiche o con parola tecnica, ma piuttosto esoterica, Brotlaibidole, sono un gruppo di tavolette lunghe più o meno otto centimetri ellissoidali o rettangolari in gran parte di terracotta con delle iscrizioni mai tradotte. La loro diffusione temporale si estende per sette secoli da circa 2100 a.C. a circa 1400 a.C., in piena età del Bronzo e geograficamente diffuse tra l'Italia settentrionale ed i Carpazi fino al Basso Danubio. Le tavolette più antiche erano solcate da righe su cui erano incisi i segni, cerchi, croci, rettangoli, mentre in quelle più recenti le righe scompaiono e i segni sono disposti in maniera disordinata. Nessuno è ancora riuscito a tradurre le misteriose incisioni e a oggi sono aperte tutte le ipotesi, fra le quali la più affascinante ne fa possibili documenti commerciali per lo scambio di merci fra le varie regioni d'Europa. Una sorta di antesignane di cambiali e assegni. Altra ipotesi è quella che fossero dei sigilli per indicare le quantità. In mancanza di dati certi si è anche ipotizzato che possa trattarsi di talismani, forme di fusione per oreficerie, stampi per dipingere le stoffe o tatuare la pelle. Il 50% circa delle tavolette è stato rinvenuto in Italia nell'area del Garda, mentre il restante 50% in divise in sette nazioni: Germania meridionale, Austria orientale, Moravia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, Romania. Nel 2010 a Cavriana si è tenuto un congresso, organizzato dal dott. Adalberto Piccoli direttore del Museo dell'Alto Mantovano di Cavriana, che ha riunito i principali studiosi del mondo delle tavolette enigmatiche dando per la prima volta l'occasione di confrontarsi e scambiare idee. Le tesi principali oggetto di discussione sono state due, quella che considera le tavolette come forma di protoscrittura e che riscuote il maggiore consenso degli studiosi, e l'altra che li considera oggetti di culto che al contrario trova minore approvazione. A favore della prima tesi esiste il fatto che le tavolette non sono state trovate in tombe ma in contesti abitativi, lunghi i fiumi che erano le grandi vie commerciali della preistoria. Il problema che rimane da capire è il significato racchiuso nei simboli incisi nelle misteriose tavolette. La loro scomparso avviene nel 1400 a.C. in concomitanza dell'intensificarsi dei traffici con il Mediterraneo dove era entrata un uso la scrittura micenea che potrebbe aver causato l'obsolescenza di quella primitiva forma di comunicazione scritta usata nelle tavolette.
In seguito al congresso è stata creata una prima commissione che ha avuto l'incarico di studiare la presenza delle tavolette in luoghi di produzione in modo da stabilire un possibile legame. Infatti, parte delle tavolette sono state ritrovate nei luoghi di produzione dell'ambra. L'idea è quella di stabilire una correlazione che potrebbe avvalorare la tesi delle tavolette come documenti commerciali o contabili. Una seconda commissione si occuperà di fare delle indagini petrografiche per scoprire la provenienza dell'argilla con cui sono fatte e scoprirne i luoghi di produzione. Questa mappatura permetterà anche di capire gli eventuali spostamenti dal luogo di produzione. Ovviamente tavolette trovate a centinaia di chilometri di distanza dal luogo di manifattura rafforzerebbero ulteriormente la tesi che siano state uno strumento di comunicazione. Per aiutare il lavoro degli studiosi è stato costruito un sito web (www.tavoletteenigmatiche.it) che raccoglie 335 tavolette dotato di un comodo software che permette agli studiosi di fare delle ricerche per simbolo, per nazione e così via. I vari simboli presenti nei manufatti sono stati catalogati rendendo possibile una ricerca per simbolo, per esempio trovare le tavolette dove è presente un cerchio e poi classificarli per nazione. È possibile per i privati segnalare il possesso di una tavoletta anche tramite un modulo anonimo. Si spera in questo modo di arricchire il database: per tentare una decifrazione dei simboli è necessario avere un certa quantità di materiale per cercare per esempio quali simboli sono più ripetuti o eventuali accoppiamenti di segni. Indizi che possono indirizzare gli studiosi verso una soluzione.
Per chi volesse vedere di persona le tavolette enigmatiche segnaliamo i musei che le posseggono: il Museo dell'Alto Mantovano di Cavriana che funge da centro di coordinamento, il museo civico della Valle Sabbia di Gavardo(Bs) e il museo Rambotti di Desenzano del Garda.

venerdì 15 marzo 2013

Le Madonne piangenti di Irene Gheri

Irene Gheri - Le Madonne Piangenti e le insorgenze antifrancesi in Italia tra il 1796 e il 1799

Minacciosa e folgorante la "Campagna d’Italia" condotta da Napoleone Bonaparte sul finire del XVIII secolo scardinò l'assetto geopolitico della penisola. La Chiesa vide minacciati i propri territori mentre le patriotiche insorgenze antifrancesi cercarono di tamponare l'avanzata dell'orda imperiale. Parallelamente avvenne ciò che Renzo De Felice definì un’ondata di miracoli eventi che, soprattutto nel corso dell’estate del 1797, dilagarono nel territorio dello Stato Pontificio. Dal 1796 al 1797 ben 26 immagini della Vergine, di cui 11 "Madonnelle", mossero gli occhi mentre a Roma, nel 1798, una statua di Maria pianse davanti a 50.000 testimoni. La ricerca storica condotta da Irene Gheri pone nuova attenzione sul contesto storico e sulle motivazioni che videro la nascita delle ribellioni antifrancesi analizzando nel dettaglio e per la prima volta l’ondata di miracoli che coinvolse lo Stato Pontificio in quegli anni.


Irene Gheri è nata a Firenze l’11 luglio 1977. Si è laureata in lettere e filosofia ad indirizzo storico presso l’università degli studi di Firenze. Il suo lavoro di ricerca sulle insorgenze antifrancesi in Italia alla fine del ‘700, che ha portato alla luce alcuni documenti inediti, si è poi trasformato in un libro: “Le Madonne Piangenti” (Enigma edizioni). Con questa pubblicazione, l’autrice, ha inteso dare nuovo risalto a fatti storici e miracolosi, ponendoli agli occhi del lettore nella loro piena autenticità.





giovedì 7 marzo 2013

Nicolò e la leggenda del coccodrillo


di Achille della Ragione

Teatto da "L'Opinione" del 26 febbraio 2013

http://www.opinione.it/cultura/2013/02/26/2013/02/25/2013/02/26/dellaragione_26-02.asp

 Le leggende napoletane sono numerose e molte sono legate al mare, come quella del “Pesce Nicolò”, nota da tempo immemorabile, della quale si rischia di perdere il ricordo perché non vi è più traccia, in Via Mezzocannone, del bassorilievo di epoca classica rappresentante Orione, venuto alla luce durante gli scavi per le fondamenta del Sedile di Porto, murato nel settecento, ricordato poi da una lapide.Il bassorilievo, cui accenna anche Benedetto Croce, raffigura un uomo coperto da un vello con in mano un coltello. Il nome del protagonista è “Cola Pesce” o “Pesce Nicolò”. La storia prende spunto da un'antica leggenda siceliota in cui si parla di un ragazzo, maledetto dalla madre, che, a furia di nascondersi tuffandosi nel mare ed a vivere tra i flutti, assume le sembianze di un vero e proprio pesce che, per lunghi spostamenti, si serve del corpo di grossi “Collegni”, dai quali si fa inghiottire per poi tagliarne il ventre, una volta giunto a destinazione.Da questo illustre progenitore prese origine una confraternita di sommozzatori, che venivano iniziati ad un culto marino in onore di Poseidone, con lo scopo di prendere possesso delle ricchezze poste nelle grotte più profonde del golfo. Essi adoperavano delle alghe che, trattate con una formula segreta, erano in grado di aumentare considerevolmente il tempo di resistenza in apnea, pari o superiore ai sommozzatori dotati di bombole.Taluni di questi si accoppiavano con dei rarissimi sirenoidi, oggi scomparsi dal golfo di Napoli ed è bello pensare che le rare foche monache, che ancora si scorgono al largo di Capri, siano gli antichi discendenti di questi accoppiamenti ibridi. Sembrerebbe che uno degli ultimi di questi soggetti sia stato utilizzato dagli Alleati, in assoluta segretezza, per ricerche sottomarine nel golfo di Napoli.La leggenda di Colapesce si diffuse per tutto il Regno ed in Sicilia si racconta che uno di questi esseri, sceso nelle acque più profonde, resosi conto che uno dei tre pilastri  che reggevano l'Isola stava cedendo, si sacrificò per sostituirsi nell'opera di sostegno. Gli ultimi discendenti di questi mitici personaggi possono essere considerati quei ragazzini che ancora oggi, tutti nudi sempre abbronzati d'estate e d'inverno, si tuffano per raccogliere con la bocca le monete gettate a mare da turisti ammirati  e, nello stesso tempo, preoccupati per la lunga apnea di quegli esili corpicini, più volte immortalati dal grande scultore Vincenzo Gemito.Un'altra leggenda famosa è quella di un famelico coccodrillo che, forse, al seguito di qualche nave, dopo aver percorso tutto il Mediterraneo, trovò alloggio nei sotterranei del Maschio Angioino, dove i castellani, accortisi della sua presenza, pensarono di utilizzarlo per sopprimere sbrigativamente i condannati a morte. Sebbene poco credibile, la storiella trovò accoglienza dai napoletani a tal punto che a lungo un coccodrillo impagliato fu appeso all'ingresso del Maschio Angioino.E qui si innesta una seconda leggenda secondo la quale i suoi pasti più sostanziosi erano costituiti dai numerosi amanti che la regina Giovanna, dopo l'amplesso, faceva precipitare giù, attraverso una botola, fino all'alloggio del famigerato coccodrillo. Ma, dobbiamo chiederci, questa assatanata regina Giovanna è mai esistita? Gli storici conoscono due sole regine: Giovanna D'Angiò e Giovanna di Durazzo, entrambe dai costumi sessuali alquanto disinibiti.A risolvere la querelle fu Benedetto Croce, secondo il quale la Giovanna della leggenda va ricercata nella sovrapposizione delle due Giovanne realmente esistite e miscelate, aumentando i difetti dell'una e dell'altra, fino a creare un terzo orripilante personaggio.