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domenica 13 novembre 2016

Il giallo delle stanze segrete nella piramide di Cheope

tratto da Il Giornale del 7-11-2016

Una tecnica innovativa che utilizza particelle subatomiche svela l'ennesimo mistero della tomba del faraone

di Gianluca Grossi

C'è chi pensa che anche girando sottosopra l'Egitto, non verrebbe fuori granché. L'egittologia - scienza che prese piede ufficialmente nel 1809, con la pubblicazione Description de l'Egypte voluta da Napoleone - ha fatto passi da gigante, e tutte le grandi scoperte sembrano ormai appannaggio del passato (o di qualche film alla Indiana Jones).
Non tutti però sono d'accordo. Perché la tecnologia migliora e oggi sono possibili ricerche che anche solo pochi anni fa non potevano essere affrontate. È dunque sulla base di questa considerazione che alcuni scienziati della facoltà di Ingegneria del Cairo, affiancati da esperti del French Hip Institute, affermano di avere portato a termine un grande risultato: l'individuazione di due stanze segrete nella famosa piramide di Cheope.

È una delle costruzioni più note e importanti del panorama artistico egiziano e mondiale. Detta anche Grande Piramide di Giza, risale al 2560 a.C., e rappresenta la tomba del faraone Khufu, appartenente alla IV dinastia, nel Regno Antico. Raggiungeva i 146 metri e fino alla costruzione della cattedrale di Lincoln, in Inghilterra, rappresentò l'edificio più grande del mondo. La struttura architettonica è stata passata al vaglio dello ScanPyramids project, iniziato lo scorso ottobre; e ora in pieno svolgimento per ciò che riguarda altre costruzioni della piana di Giza. Si basa sull'impiego della muografia, tecnica in grado di «leggere» il cammino dei muoni, particelle subatomiche riconducibili ai raggi cosmici che giungono sulla Terra dallo spazio (parte della famiglia dei leptoni, con l'elettrone e i neutrini). «Viaggiano quasi alla velocità della luce, obbedendo a un flusso di circa 10mila metri quadrati al minuto», dicono gli esperti dello ScanPyramids project. «Sono particelle che possono attraversare metri e metri di pietra prima di essere assorbite». Gli scienziati hanno evidenziato delle anomalie strutturali nei pressi di uno dei principali corridoi interni della Grande Piramide e in corrispondenza del crinale nord-est, a circa 105 metri dal suolo; avvalendosi non solo della ricerca «muonica», ma anche dell'azione dei raggi infrarossi e della modellazione in 3D.

Come si intuisce la presenza di camere segrete? I muoni non viaggiano in modo uniforme, e sono pertanto capaci di suggerire le differenze che caratterizzano i materiali che attraversano; possono infatti essere assorbiti, ma anche deviati se finiscono contro una superficie più densa e compatta. Usando questo sistema si può dunque verificare la presenza di vani o zone nascoste che prima d'ora non erano mai venute alla luce. Una teoria, per la verità, che ha ancora bisogno di conferme. E non è un caso che il team abbia deciso di proseguire gli studi per un altro anno, promettendo nuovi risultati nei primi mesi del 2017; sotto la supervisione del Consiglio delle antichità egizie; dunque di Zahi Hawass, autarchico boss dell'egittologia da un ventennio a questa parte.

Il suo parere è ambiguo. Si pronuncia con riserva, dicendo che già in altri casi si erano avuti traguardi simili, senza grandi risultati pratici. Parla, infatti, di «anomalie», non di «cavità». «La piramide presenta al suo interno pietre di varie dimensioni», dice Hawass, «situazione che può portare a interpretare l'esistenza di cavità più grandi del normale».

C'è un caso clamoroso che non ha ancora smesso di fare rumore. Lo scorso anno, infatti, l'egittologo Nicholas Reeves affermò di avere scoperto due camere segrete adiacenti la tomba di Tutankhamon, leggendario faraone bambino della XVIII dinastia. L'intellighenzia scientifica sobbalzò, perché poteva essere davvero stato risolto uno dei più grandi misteri dell'archeologia: il luogo dove è sepolta Nefertiti, bellissima sovrana, moglie di Akhenaton, il faraone che portò in Egitto il monoteismo. «Sono sicuro al 70 per cento che troveremo qualcosa», rivelò Reeves. Ma le cose piano piano si sgonfiarono. Fino alla seconda conferenza annuale su Tutankhamon tenutasi a maggio di quest'anno, che ha del tutto ridimensionato la scoperta: «Non abbiamo prove conclusive», ha rivelato Khaled El-Enany, nuovo ministro egiziano delle Antichità, «sarà la scienza a parlare».

Insomma, in entrambi i casi, Cheope e Tutankhamon, sarà necessario riaggiornarsi per capire fino a che punto la muografia sia attendibile e in che modo sarà possibile ridare lustro ad antichi tesori sepolti. Intanto vale la pena godersi il presente, e ricordare le sagge parole di Mehdi Tayoubi, dell'Hip Institute: «Molti studi condotti in passato non hanno avuto successo, ma hanno senz'altro contribuito a migliorare le nostre conoscenze sul mondo dell'antico Egitto. Così - al di là dei risultati che perverranno - dovrebbe essere interpretato il nostro lavoro: creare delle solidi basi per le missioni scientifiche e archeologiche del futuro».