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mercoledì 6 maggio 2020

La maledizione dei Faraoni tra realtà e fantasia

in collaborazione con il blog Fanta-Teorie:

https://fanta-teorie.blogspot.com/2020/04/la-maledizione-dei-faraoni.html

Sono molte le superstizioni riguardo le maledizioni delle tombe degli antichi Faraoni. Fantasia o Realtà?
Sembra che ci sia poco di vero nei nefasti auguri incisi sulle antiche tombe egizie. Queste maledizioni servivano soprattutto per tenere lontano i predoni di tombe. Probabilmente i sacerdoti che le emanavano erano davvero convinti della loro efficacia e per questo le disseminavano ad ogni tomba che avesse importanza. Almeno questo siamo stati predisposti a pensare secondo la storia tradizionale. E se invece i sacerdoti usavano le maledizioni per nascondere un altro pericolo? Almeno una parte di loro, ovvero quelli che conservavano la vera conoscenza degli antichi, coloro che per molti hanno costruito la Grande Piramide e la Sfinge. Chi siano questi antichi sapienti non ci è dato saperlo ma possiamo solo ipotizzare.
Partiamo dal principio.
Nel 1956 Zakharia Ghoneim riuscì tramite calcoli matematici basati sulla struttura a trovare l'entrata della Piramide di Djoser che secondo l'egittologia classica è la prima piramide costruita dagli antichi egizi. A differenza delle successive quella di Djoser è a gradoni molto simile alle piramidi presenti in Sud America e in Mesopotamia. A questo punto due possono essere le motivazioni di tale somiglianza.
1) I costruttori della piramide di Djoser condividevano le conoscenze dei costruttori delle piramidi mesopotamiche e sud Americane.
2) La struttura a gradoni è più semplice da realizzare e man mano che sono diventati esperti piramidisti (è un termine sbagliato ma concedetemi la vena poetica) poi hanno iniziato a costruirle come quelle nella piana di Giza.

Aperta la piramide di Djoser non trovarono la mummia ma solo una tomba con molti oggetti di valore. Anche questa tomba conteneva una maledizione ma Ghoneim morì molti anni dopo.


Piramide a gradoni di Djoser - Immagine da Wikipedia

A questo punto arriviamo al famosissimo Tutankhamon. Per prima cosa nella sua tomba non ci sono funeste dichiarazioni di morte rivolte ai profanatori di tombe ma un lieto messaggio che auspica serenità e pace al faraone stesso.
Il capo della spedizione Howard Carter morì 16 anni dopo la scoperta della tomba, per vecchiaia. Ad alimentare le dicerie sulla maledizione furono le morti a catena verificatesi dopo la scoperta della cripta. Morirono Lord Carnavon, suo fratello, l'infermiera che  aveva assistito il Lord, il segretario del Lord, tre collaboratori e sua moglie.
35 anni dopo arrivò un medico a chiarire l'accaduto, il dottor Geoffrey Dean che per casualità trovò in un suo paziente gli stessi sintomi che portarono al decesso Carnavon e gli altri.
Trattasi di istoplasmosi detto anche "il male delle caverne". E' diffuso da funghi microscopici che si annidano in animali (principalmente pipistrelli), detriti organici e polvere.


Maschera d'oro di Tutankhamon - immagine da Wikipedia

Rimane comunque senza spiegazione la morte di molti altri studiosi egittologi avvenuta quando le spedizioni nella terra dei faraoni sono diventate di massa. A venire in aiuto di questi misteriosi decessi sono le conseguenze di Hiroshima e Nagasaki. Per quanto sembra assurdo queste morti strane, attribuite alle maledizioni dei faraoni sono il risultato di cancrena atomica in quanto hanno gli stessi sintomi delle vittime delle due bombe atomiche.
Lo stesso Ghoneim nei suoi studi afferma che la pece e le bende usate per mummificare erano assai radioattive. Pare che i sacerdoti egizi erano a conoscenza di tale male ma non sappiamo dire se conoscevano la radioattività oppure lo ritenevano una manifestazione di una divinità.
Inoltre i residui presenti nella pece e nelle bende si disperdevano nell'ambiente della tomba rendendo la sala altamente radioattiva.
Pertanto la lunga permanenza di studiosi con le mummie li ha fatti ammalare e morire.
Mistero risolto? Pare proprio di si. Almeno fino a prova contraria ma ci rimane il dubbio su quanto i sacerdoti sapessero sulla radioattività e sull'energia atomica.


sabato 8 dicembre 2018

"La Grande Piramide? È piena di misteri"

Tratto da Il Giornale del 22/06/2018

di Matteo Sacchi

Zahi Hawass (nato a Damietta, Egitto, classe 1947, laurea in archeologia greca e romana nel 1967 ad Alessandria d'Egitto) è uno degli archeologi più famosi del mondo. A quasi tutti noi è capitato di vederlo al lavoro con il suo cappellone un po' alla Indiana Jones in qualche documentario sull'antico Egitto.


Sarà in Italia per partecipare a TaoBuk, il festival letterario internazionale di Taormina (martedì 26 alle 17), e naturalmente per parlare di antico Egitto e dell'opera teatrale Il loto e il papiro che è ambientata al tempo dell'invasione degli Hyksos. Abbiamo fatto una chiacchierata con lui in anticipo.

Come ha deciso di diventare egittologo?


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«Da ragazzo non ero interessato all'archeologia. Volevo essere un avvocato e mi ero iscritto alla facoltà di legge. Ma una volta comprati i libri mi resi conto del mio errore. Semplicemente odiavo la materia. Non era roba per me. Sono diventato archeologo per caso e proprio perché non mi piaceva studiare legge. A 19 anni e mezzo venni assunto al dipartimento delle antichità e venni mandato a fare uno scavo. Durante gli scavi si rinvenne una tomba e il capo della squadra di operai mi chiamò a dare una mano. Trovai nel mezzo della tomba una statua di Afrodite. Mentre la pulivo mi dissi: Ho trovato l'amore della mia vita. E che ancora oggi in me quella passione sia viva credo si veda quando faccio conferenze o scrivo dell'antico Egitto».

Qual è il suo monumento egizio preferito?

«La Grande Piramide di Khufu (Cheope, faraone dal 2589 al 2566 a.C, ndr)».

Perché?

«Ho vissuto attorno alla piramide per anni, ho visto ogni giorno il sole sorgere sui blocchi di pietra. Ho spedito un robot attraverso i condotti di ventilazione e scoperto porte segrete con maniglie di rame nascoste all'interno di questa incredibile tomba...».

Esiste in Egitto qualche antico monumento che abbia ancora dei misteri da rivelare?

«Di nuovo, la Grande Piramide. Ci sono ancora un sacco di cose da scoprire sulla sua struttura. Adesso è al lavoro un team formato da giapponesi, francesi ed egiziani che sta usando uno scanner muonico per scandagliarla. Questi scienziati affermano che ci siano delle camere segrete dietro l'entrata e sopra la grande galleria... Anche il papiro di Wadi al-Jarf, scoperto di recente nel Sinai, è importante è la migliore evidenza che sbugiarda certe teorie new age sulle piramidi. È il più antico papiro che sia mai stato ritrovato. È il diario di lavoro di un uomo che si chiamava Merer, capomastro degli operai della Grande Piramide. Nel testo racconta di quando condusse i suoi uomini a Tura per trasportare i bellissimi blocchi di calcare bianco per l'involucro esterno della piramide. Racconta anche un sacco di dettagli sul sito di Giza, sui funzionari del sito, sul faraone Khufu che aveva il palazzo lì e non a Menfi, come si credeva...».

C'è qualche segreto nella Sfinge. In molti credono ci sia qualcosa sotto la statua e continuamente chiedono il permesso di scavare...

«Il vero segreto della Sfinge secondo me è che ha osservato la storia dell'Egitto per cinquemila anni. Tutte le ricerche che abbiamo fatto provano che la Sfinge data al regno di Khafre (Chefren, ndr), il costruttore della seconda piramide. Quanto alle stanze segrete, ciò che la maggior parte della gente non sa è che io ho scavato sotto la sfinge sino a quindici metri di profondità nella roccia solida, sono state fatte 32 perforazioni, e non abbiamo trovato niente. Non ci sono stanze segrete nella Sfinge. Vi abbiamo però scoperto quattro tunnel. Li abbiamo ripuliti e studiati e abbiamo scoperto che sono stati costruiti durante la ventiseiesima dinastia, intorno al 500 a.C. Da chi? Da gente che voleva scoprire i segreti della Sfinge!».

Qual è il suo personaggio storico preferito fra così tanti faraoni, regine, dignitari?

«È proprio Khufu (Cheope) il costruttore della Grande Piramide. È stato davvero un grande personaggio. Scrisse un libro sacro che viene menzionato da Manetone (storico e sacerdote egizio del III secolo avanti Cristo, ndr) ma non sappiamo che cosa ci fosse davvero scritto, o dove sia stato nascosto. Inoltre ha realizzato quella che per millenni è stata la più grande struttura architettonica sulla Terra e ancora oggi la gente si chiede come ci sia riuscito».

Qual è stata la sua più bella scoperta in una carriera accademica e archeologica così lunga?

«Me lo chiedono sempre. Ogni scoperta ti apre il cuore. Però tra le altre posso citare le tombe dei lavoratori delle piramidi che hanno dimostrato che erano egiziani e non schiavi, la valle delle mummie d'oro nell'oasi di Bahariya, le due piramidi, una vicina a quella di Khufu e una a Saqqara, il lignaggio familiare di Tutankhamon, e l'identificazione della mummia della regina Hatshepsut. Queste hanno cambiato la storia».

Come segretario generale del Supremo Consiglio delle Antichità al Cairo lei ha detto alla stampa: «Se i britannici vogliono essere ricordati, se vogliono ricostruire la loro reputazione, dovrebbero restituire volontariamente la stele di Rosetta perché è un'icona dell'identità egiziana». La pensa ancora così?

«Io penso che il British Museum debba restituirla. Lo stesso vale per il busto di Nefertiti, che è a Berlino, per lo zodiaco conservato al Louvre e per le statue di Ankhhaf (a Boston) e di Hemiunu (a Hildesheim). Sono icone del nostro passato e devono stare in Egitto, non altrove. Ora sono a capo del comitato per il rimpatrio dei manufatti, e una delle cose più importanti su cui mi impegnerò è rinnovare la richiesta di restituzione del busto di Nefertiti».

I manufatti esportati dall'Egitto in modo non sempre limpido però sono tantissimi...

«Non mi sto impegnando per il ritorno di tutti i materiali. Ma mi sto impegnando per la restituzione di quelli rubati di recente. Ne ho recuperati seicento quando ero a capo del Supremo Consiglio delle Antichità al Cairo. Molti manufatti sono stati rubati durante e dopo la rivoluzione del 2011... Quindi dobbiamo chiedere alle case d'asta di farci conoscere l'origine dei reperti che vendono... E io spero che i musei di tutto il mondo la smettano di comprarli, perché così facendo incoraggiano i ladri. A Napoli le autorità italiane hanno intercettato 180 reperti e ci hanno avvisato per autenticarli. C'erano anche antichi oggetti del Bahrain, della Siria e dell'Iraq. Secondo me li avevano rubati i terroristi per finanziarsi».

Il museo del Cairo adesso è sicuro? Nel 2011 venne saccheggiato durante la rivoluzione...

«Non ci sono rischi di sicurezza all'interno del Museo del Cairo. E nel 2011, nonostante l'assenza della polizia, vennero rubati soltanto 17 piccoli oggetti. La gente che penetrò nel museo lo fece soprattutto credendo a un mito, quello del Mercurio rosso. Non esiste, ma molti egiziani ci credono. Si tratterebbe di un liquido che si estrae dalla gola delle mummie e che darebbe la possibilità di controllare i demoni... Abbiamo due grandi progetti museali che ho seguito personalmente, il Grand Egyptian Museum - e speriamo che le gallerie di Tutankhamon possano essere aperte al pubblico entro quest'anno - e il Civilization Museum che dovrebbe raccontare la storia dell'Egitto dai tempi pre-dinastici. La costruzione è finita, ma non gli interni. Avrebbe dovuto aprire nel 2012, ma la rivoluzione ha scombussolato i piani».

Quali saranno le prossime scoperte archeologiche importanti in Egitto?

«Ora sto scavando nella Valle dei Re, nella zona più a Ovest e in quella più a Est. Le regine della diciottesima dinastia potrebbero essere sepolte nella valle Ovest. Anche le tombe di Amenhotep I, Thutmose II e Ramses VIII non sono ancora state trovate. Io spero che il 2018 ci porti, e mi porti, qualche bella scoperta. In un ambito diverso sto peraltro lavorando con l'italiano Francesco Santocono per creare un'opera-show intitolata Opera Tutankhamon. Lui sta scrivendo la musica e io la storia. Speriamo che sia finita e che possa essere eseguita da cantanti lirici italo-egiziani entro il 2019».

domenica 13 novembre 2016

Il giallo delle stanze segrete nella piramide di Cheope

tratto da Il Giornale del 7-11-2016

Una tecnica innovativa che utilizza particelle subatomiche svela l'ennesimo mistero della tomba del faraone

di Gianluca Grossi

C'è chi pensa che anche girando sottosopra l'Egitto, non verrebbe fuori granché. L'egittologia - scienza che prese piede ufficialmente nel 1809, con la pubblicazione Description de l'Egypte voluta da Napoleone - ha fatto passi da gigante, e tutte le grandi scoperte sembrano ormai appannaggio del passato (o di qualche film alla Indiana Jones).
Non tutti però sono d'accordo. Perché la tecnologia migliora e oggi sono possibili ricerche che anche solo pochi anni fa non potevano essere affrontate. È dunque sulla base di questa considerazione che alcuni scienziati della facoltà di Ingegneria del Cairo, affiancati da esperti del French Hip Institute, affermano di avere portato a termine un grande risultato: l'individuazione di due stanze segrete nella famosa piramide di Cheope.

È una delle costruzioni più note e importanti del panorama artistico egiziano e mondiale. Detta anche Grande Piramide di Giza, risale al 2560 a.C., e rappresenta la tomba del faraone Khufu, appartenente alla IV dinastia, nel Regno Antico. Raggiungeva i 146 metri e fino alla costruzione della cattedrale di Lincoln, in Inghilterra, rappresentò l'edificio più grande del mondo. La struttura architettonica è stata passata al vaglio dello ScanPyramids project, iniziato lo scorso ottobre; e ora in pieno svolgimento per ciò che riguarda altre costruzioni della piana di Giza. Si basa sull'impiego della muografia, tecnica in grado di «leggere» il cammino dei muoni, particelle subatomiche riconducibili ai raggi cosmici che giungono sulla Terra dallo spazio (parte della famiglia dei leptoni, con l'elettrone e i neutrini). «Viaggiano quasi alla velocità della luce, obbedendo a un flusso di circa 10mila metri quadrati al minuto», dicono gli esperti dello ScanPyramids project. «Sono particelle che possono attraversare metri e metri di pietra prima di essere assorbite». Gli scienziati hanno evidenziato delle anomalie strutturali nei pressi di uno dei principali corridoi interni della Grande Piramide e in corrispondenza del crinale nord-est, a circa 105 metri dal suolo; avvalendosi non solo della ricerca «muonica», ma anche dell'azione dei raggi infrarossi e della modellazione in 3D.

Come si intuisce la presenza di camere segrete? I muoni non viaggiano in modo uniforme, e sono pertanto capaci di suggerire le differenze che caratterizzano i materiali che attraversano; possono infatti essere assorbiti, ma anche deviati se finiscono contro una superficie più densa e compatta. Usando questo sistema si può dunque verificare la presenza di vani o zone nascoste che prima d'ora non erano mai venute alla luce. Una teoria, per la verità, che ha ancora bisogno di conferme. E non è un caso che il team abbia deciso di proseguire gli studi per un altro anno, promettendo nuovi risultati nei primi mesi del 2017; sotto la supervisione del Consiglio delle antichità egizie; dunque di Zahi Hawass, autarchico boss dell'egittologia da un ventennio a questa parte.

Il suo parere è ambiguo. Si pronuncia con riserva, dicendo che già in altri casi si erano avuti traguardi simili, senza grandi risultati pratici. Parla, infatti, di «anomalie», non di «cavità». «La piramide presenta al suo interno pietre di varie dimensioni», dice Hawass, «situazione che può portare a interpretare l'esistenza di cavità più grandi del normale».

C'è un caso clamoroso che non ha ancora smesso di fare rumore. Lo scorso anno, infatti, l'egittologo Nicholas Reeves affermò di avere scoperto due camere segrete adiacenti la tomba di Tutankhamon, leggendario faraone bambino della XVIII dinastia. L'intellighenzia scientifica sobbalzò, perché poteva essere davvero stato risolto uno dei più grandi misteri dell'archeologia: il luogo dove è sepolta Nefertiti, bellissima sovrana, moglie di Akhenaton, il faraone che portò in Egitto il monoteismo. «Sono sicuro al 70 per cento che troveremo qualcosa», rivelò Reeves. Ma le cose piano piano si sgonfiarono. Fino alla seconda conferenza annuale su Tutankhamon tenutasi a maggio di quest'anno, che ha del tutto ridimensionato la scoperta: «Non abbiamo prove conclusive», ha rivelato Khaled El-Enany, nuovo ministro egiziano delle Antichità, «sarà la scienza a parlare».

Insomma, in entrambi i casi, Cheope e Tutankhamon, sarà necessario riaggiornarsi per capire fino a che punto la muografia sia attendibile e in che modo sarà possibile ridare lustro ad antichi tesori sepolti. Intanto vale la pena godersi il presente, e ricordare le sagge parole di Mehdi Tayoubi, dell'Hip Institute: «Molti studi condotti in passato non hanno avuto successo, ma hanno senz'altro contribuito a migliorare le nostre conoscenze sul mondo dell'antico Egitto. Così - al di là dei risultati che perverranno - dovrebbe essere interpretato il nostro lavoro: creare delle solidi basi per le missioni scientifiche e archeologiche del futuro».

mercoledì 1 giugno 2016

LA TEORIA DELLO ZEP TEPI E IL PROGETTO UNITARIO DI GIZA

Sabato 18 Giugno 2016 e.v. alle ore 21,15 presso i locali del Centro Studi e Ricerche C.T.A. 102 - Via Don Minzoni 39, Bellinzago Novarese (NO) - nell’ambito delle serate dedicate agli “Incontri con l'Autore”, la nostra Associazione ha il piacere di ospitare il giornalista e scrittore ARMANDO MEI che ci introdurrà ad un viaggio nel Tempo, alle origini dell’uomo attraverso i Misteri dell’Egitto Predinastico, con una conferenza davvero imperdibile sul tema:
“LA TEORIA DELLO ZEP TEPI E IL PROGETTO UNITARIO DI GIZA”.
Il nucleo fondante della “Teoria della Storicità dello Zep Tepi” è nell’analisi della complessità dei fenomeni che caratterizzano l’Antico Egitto. L’approfondimento dei testi antichi, ascritti alla Mitologia, ha restituito una molteplicità di considerazioni che indirizzano la Ricerca verso una necessaria revisione delle proposizioni finora accettate. Un percorso tecnico-scientifico motivato, non da un convenzionale e banale desiderio di contrapposizione, bensì dall’inoppugnabile volontà di rimettere ordine laddove regna il caos.
La Storia dell’evoluzione dei Popoli, fin dall’Antichità più remota, si tramanda attraverso il simbolo. Ogni simbolo racchiude in sé una Storia, un Percorso, un Evento, un Processo. L’uomo, nel suo ancestrale cammino su questo Pianeta, ha delegato alla forma scritta ogni desiderio e/o volontà di tramandare le proprie esperienze – nella Materia e nello Spirito – attraverso la produzione di "segni" che stimolano, per contro, profonde vibrazioni a chi, con essi, entra in diretta simbiosi.
Così è per chi – con profonda umiltà e altrettanta determinazione – ha voluto proporre una svolta concettuale ai parametri che ingessano l’interpretazione sulle origini della Civiltà Egizia, travalicando gli stereotipi - nonché le fallaci e aride proposizioni convenzionalmente accettate – attraverso un modello interpretativo integrato da ulteriori elementi di valutazione.
Nasce, non senza difficoltà operative, la Teoria della Storicità dello Zep Tepi che si propone come coagulante tra la tradizione falsamente mitologica e le ciclopiche vestigia realizzate sulla Piana di Giza, con l’obbiettivo finale di riproporre, dopo millenni, la ricomposizione del Progetto Unitario voluto dai costruttori.
Con il supporto di strumenti scientifici multidisciplinari e andando oltre la staticità delle formulazioni incentrare solo ed esclusivamente sulla funzione della Sfinge e delle Piramidi Maggiori, è stato possibile conciliare Storia e Monumenti. Il Mito, quindi, ritorna alla sua naturale funzione storica; il Simbolo ritorna alla sua concettuale funzione di trasmissione di eredità filosofiche; i monumenti riemergono in tutta la loro complessa relazione con l’Architettura Celeste, in un equilibrio sottile dove si uniscono Materia e Spirito.
Lo Zep Tepi è un capitolo importante della Storia della nostra specie. E’ lo spartiacque tra la naturale evoluzione dell’uomo nelle forme rigeneratrici dello Spirito e la degenerazione nella materia attraverso l’inganno ed il successivo oblio.
E’ la chiave di volta che ha ordito la trama delle società fino a nostri giorni…
Armando Mei
Armando Mei è nato a Torino, nel 1967. Laureato presso l'Università Federico II di Napoli, si interessa di Civiltà Antiche e, in particolare, di Egittologia Predinastica, ovvero del periodo che va dal 3.180 a.C. indietro nel tempo. Nel 2005, ha presentato una Ricerca sulla Piana di Giza, culminata nella formulazione della sua «Teoria sulla Datazione Storica dello Zep Tepi», presentata all'International Conference on Ancient Studies, tenutasi presso la Zayed University di Dubai nel 2010. Ha pubblicato diversi articoli su riviste specializzate, sia italiane che internazionali. Nel 2009, ha pubblicato il suo primo libro: «Giza: le Piramidi Satellite e il Codice Segreto», poi rivisto ed integrato dal libro "36.420 a.C. - Rivelazioni dal Tempo", seguito, nel 2011, dal libro «Oltre le nebbie del Tempo» e nel 2012 da «La porta del Cielo». Questi tre libri sono attualmente fuori catalogo. Nel 2013, ha collaborato con «Archaelogical Park: Bosnian Pyramid of the Sun Foundation» di Visoko, diretta da Semir Osmanagich. La ricerca ha avuto come obbiettivo lo studio della correlazione astronomica del sito. I risultati sono disponibili sul sito della Fondazione bosniaca. Un ulteriore lavoro di ricerca scientifica ha riguardato lo studio dei simboli rinvenuti su un monolite, rivelatosi una Mappa Astronomica risalente a più di 100.000 anni fa. Nel 2013, ha pubblicato il libro "Visoko: La Scienza Occulta delle Piramidi«, a cui ha collaborato Semir Osmanagich, in distribuzione anche in Bosnia. Nel gennaio del 2015 è stato invitato a collaborare, come Guest Author, con il magazine "Ancient Origins". Nel marzo del 2015, pubblica il suo ultimo libro "Il Segreto degli Dèi", il libro che ricostruisce il Progetto Originario di Giza.
Ancora una volta il nostro Centro si pregia di invitarvi ad una serata straordinaria a cui, naturalmente, non dovete assolutamente mancare!
La partecipazione a questa serata è soggetta a Tesseramento A.S.I. ed è obbligatoria la prenotazione da effettuarsi chiamando il numero 3803149775 o scrivendo a: cta102@cta102.it
Si precisa inoltre che la sola adesione all’evento effettuata su Facebook non è considerata una prenotazione valida.
Per i nostri Associati che volessero seguire la conferenza a distanza sarà naturalmente disponibile il collegamento in streaming video.

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