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lunedì 14 luglio 2014

Un italiano sconosciuto precursore di Einstein

pubblicato su Mystero n. 56, gennaio 2005 (rivista edita da Luigi Cozzi)



di Vito Foschi

«La materia di un corpo qualunque, contiene in se stessa una somma di energia rappresentata dall'intera massa del corpo, che si muovesse tutta unita ed in blocco nello spazio, colla medesima velocità delle singole particelle. [...] La formula mv² ci dà la forza viva e la formula mv²/8338 ci dà, espressa in calorie, tale energia. Dato adunque m=1 e v uguale a 300 milioni di metri, che sarebbe la velocità della luce, ammessa anche per l'etere, ciascuno potrà vedere che si ottiene una quantità di calorie rappresentata da 10794 seguito da 9 zeri e cioè oltre dieci milioni di milioni».

Introduzione

Albert Einstein in una fotografia del 1947. Nobel per la fisica 1921
Albert Einstein - Foto da Wikipedia
Ovvero E=mc2, come dirà dopo Albert Einstein. Dopo? Ebbene sì, non è una frase di Albert Einstein, ma di un suo oscuro precursore. Come si legge dal passo sopra riportato, l’equivalenza fra massa ed energia è chiaramente formulata nei termini matematici esatti che saranno poi di Einstein. Questo frase fa parte di un articolo apparso nel febbraio del 1904 negli atti del Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti ed intitolato “Ipotesi dell'etere nella vita dell'universo”. L’articolo porta in allegato una lettera di complimenti del famoso astronomo Schiaparelli.
L’articolo, in cui Einstein presenta la sua famosa formula è presentato alla rivista Annalen der Physik nel settembre 1905, quindi più di un anno e mezzo dopo la pubblicazione dell’“Ipotesi dell'etere nella vita dell'universo”.
Vi chiederete chi è l’autore di questa opera che sembra anticipare e forse ispirare il famoso scienziato tedesco? L’autore è uno sconosciuto agronomo vicentino: Olinto De Pretto.
Esaminiamo i particolari della vicenda.

L’articolo di Einstein

L’articolo in cui Einstein presenta la formula dell’equivalenza fra massa ed energia segue di qualche mese quello sulla teoria della relatività. Potrebbe sembrarne una diretta conseguenza, ma in realtà non è così. L’idea è in un certo qual modo indipendente, anche se si inserisce perfettamente nell’ipotesi della relatività. Idee similari erano state proposte da alcuni scienziati, tra cui Poincaré che aveva ipotizzato che l’energia elettromagnetica potesse essere considerata come «"un fluide fictif", la cui massa è uguale al rapporto tra l'energia e il quadrato della velocità della luce». L’ipotesi di Einstein si poteva tranquillamente inserire in questa corrente di pensiero più che essere una conseguenza della teoria della relatività ristretta. Oltre a ciò, l’articolo di Einstein presenta un’ipotesi ristretta, rispetto alla formulazione generale di Olinto De Pretto, riferendosi al caso specifico di un corpo radiante. Infine, il titolo dell’articolo presenta un punto interrogativo come se si volesse rispondere ad un quesito già posto da altri. Questo, insieme alla possibilità che il giovane fisico tedesco potesse essere a conoscenza del lavoro di De Pretto, porta ad ipotizzare che si sia potuto ispirare a quest’ultimo. I legami con l’Italia del giovane Einstein sono stato importanti dato che la sua famiglia vi si trasferì definitivamente nel 1894 e che conosceva l’italiano tanto bene da tenere delle conferenze nella nostra lingua. Purtroppo non è facilmente dimostrabile che lo scienziato fosse a conoscenza del lavoro di De Pretto.

Olinto De Pretto, chi era costui?

Olinto De Pretto nacque in provincia di Vicenza il 26 aprile del 1857, sesto di sette fratelli e si laureò in Agraria presso l’Università di Milano per poi lavorare, subito dopo, alla scuola Superiore di agricoltura come assistente. Lasciato il lavoro all’università nel 1886, Olinto De Pretto assunse la carica di direttore amministrativo della Fonderia De Pretto, costituita da suoi famigliari, che lasciò nel 1920, quando l’azienda si fuse con la svizzera Escher Wyss. Accanto a questa attività si occupò di fondare scuole tecniche professionali e di varie società industriali. La sua vita si concluse tragicamente il 16 marzo 1921 quando fu ucciso da una donna che lo accusava di essere stato la causa del mancato successo del marito, proprietario di una cava di lignite. In quello stesso anno usciva alle stampe il libro di De Pretto “Lo spirito dell’universo” dove riprendeva i temi della suo lavoro del 1904.
In questo suo libro potrebbe trovarsi una rivendicazione della primogenitura dell’idea dell’equivalenza fra massa ed energia, ma non se ne trova traccia. In realtà, le idee di De Pretto e di Einstein avevano in comune solo l’enunciato dell’equivalenza fra massa ed energia mentre per il resto differivano totalmente. Le idee di De Pretto si basavano sul concetto di etere e negavano il valore limite della velocità della limite, anzi presupponevano un valore di propagazione dell’attrazione gravitazionale infinito, idee totalmente opposte a quelle einsteiniane. Probabilmente per questo, l’agronomo vicentino nel suo libro non incluse idee che inficiavano le sue teorie.

Il collegamento


Come accennato la famiglia di Einstein si stabilì in Italia dal 1894. Il padre dello scienziato si occupava dell’installazione della luce pubblica in alcuni comuni del Veneto e proprio la Fonderia De Pretto era una delle poche aziende capaci di costruire turbine necessarie per la produzione di elettricità. Inoltre i De Pretto compivano frequenti viaggi in Svizzera per motivi legati a brevetti internazionali. Questa potrebbe essere la via con cui Einstein venne a conoscenza della teoria di De Pretto, ma potrebbe esisterne un’altra, indiretta, ma più interessante.

“A conclusione osservo che durante il lavoro ai problemi qui trattati il mio e collega M. Besso mi stette fedelmente a fianco e che io devo allo stesso parecchi preziosi incitamenti”.

Questa frase si trova nell’articolo del 1905 in cui Einstein pone le basi della relatività ed è tanto importante perché nell’articolo manca totalmente la bibliografia.
L’amicizia fra Michele Besso ed Albert Einstein nacque al Politecnico di Zurigo e durò tutta la vita. Besso nacque nel 1873 a Trieste da una famiglia piuttosto agiata, divenuto ingegnere, lavorò presso la “Società per lo sviluppo delle Industrie elettriche in Italia” per poi lasciarla per andare a lavorare nell’ormai storico Ufficio Brevetti di Berna, dietro insistenza dell’amico tedesco. Di questo periodo non esiste documentazione scritta dato il contatto diretto dei due amici. Besso era dotato di profonda curiosità scientifica in vari campi ed aveva mantenuto legami con la famiglia in Italia, ma circostanza notevole, un suo zio con cui aveva un rapporto piuttosto stretto, Beniamino Besso, era Direttore delle Ferrovie Sarde e risiedeva a Roma, ed un fratello di Olinto De Pretto, Augusto, faceva parte del Reale Ispettorato delle Strade Ferrate, e per motivi di lavoro soggiornava spesso a Roma. Si può ipotizzare che Augusto De Pretto, abbia potuto parlare delle idee del fratello Olinto ai suoi colleghi, tra cui Beniamino Besso e questi ne abbia potuto accennare al nipote Michele con cui aveva un fitto rapporto epistolare. Certo, prove documentabili non ne esistono, ma esiste una concreta possibilità di un contatto, seppur indiretto, fra l’agronomo vicentino e lo scienziato tedesco.
Del fatto ne avrebbe potuto parlare lo stesso Einstein citandolo insieme ai tanti aneddoti della sua vita, raccontando di come aveva trasformato un’idea folle di uno sconosciuto nella più grande scoperta del secolo. Ma il fatto che non ne parla non significa nulla perché spesso ciò che ricordiamo del nostro passato è una ricostruzione a posteriori. A questo proposito riporto un passo dell’articolo “I sentieri dell’innovazione” di Armando Massarenti pubblicato su “Il Sole 24 Ore” del 19 settembre 2004:
«…gli storici della scienza sanno che i racconti individuali degli scienziati vanno sempre presi con molta cautela. In perfetta buona fede essi tendono a dare ricostruzioni mitiche delle loro scoperte e dei processi che vi hanno condotto. Esemplare è il caso di Einstein che era assolutamente convinto di aver elaborato la teoria della relatività ristretta in risposta all’esperimento di Michelson e Morley sul trascinamento dell’etere. In realtà esso era sì stato svolto alcuni anni prima, ma Einstein ebbe modo di conoscerlo solo dopo l’elaborazione della propria teoria. A convincerlo di ciò è stata la puntuale ricostruzione degli eventi fatta da Gerard Holton.
Ma non si può biasimare Einstein per aver creduto in una versione mitica ed edificante degli eventi, peraltro tuttora riprodotta in buona parte dei manuali di fisica».

Conclusioni


Dell’intricata ed affascinante faccenda ne parla diffusamente il prof. Bartocci dell’Università di Perugia, alle cui ricerche facciamo riferimento, nel suo libro “Albert Einstein e Olinto De Pretto: La vera storia della formula più famosa del mondo” (Bologna, Andromeda, 1999), opera quasi introvabile anche perché nessun grande editore rischierebbe su un libro del genere: Albert Einstein è per il momento intoccabile.