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sabato 4 marzo 2017

Teseo, Arianna e il labirinto

pubblicato su Lex Aurea 41

di Vito Foschi

Il mito di Teseo si presta ad interessanti considerazioni, e già in un nostro lavoro (“E conficcò la spada nella roccia…”, Graal n. 19 gennaio/febbraio 2006) avevamo mostrato la possibilità che fosse stato fonte di ispirazione per i racconti cavallereschi di re Artù, mentre in questo lavoro esamineremo l’episodio dell’uccisione del Minotauro.
Nel mito si racconta che la città di Atene fosse tributaria di Creta e costretta a consegnare ogni nove anni sette fanciulli e sette fanciulle che servivano come pasto per il Minotauro, mostro metà toro e metà uomo racchiuso al centro di un labirinto e di come Teseo interrompa la macabra usanza uccidendo il mostro.
Il Minotauro è frutto dell’amplesso di Pasifae, moglie di Minosse, re di Creta, con il toro sacro a Poseidone; il dio, per punire Minosse per non aver sacrificato l’animale, fece invaghire la donna dell’animale. La forma metà umana e metà animale del Minotauro e il suo concepimento bestiale, in cui la cecità la fa da padrone e in cui il soddisfacimento dei più bassi istinti prevale denuncia il suo rappresentare il dominio degli istinti. Pasifae rappresenta il completo essere fuori di sé, è in qualche modo posseduta da un demone, non viva ma vissuta, con l’io altrove, completamente soffocato. Il Minotauro dominato dagli istinti incapace di vedere in sé il proprio lato umano è il mostro che deve essere sconfitto da Teseo.

Il Minotauro è racchiuso in un labirinto e non ne viene fuori. Cosa impedisce al mostro di trovare l’uscita? La semplice difficoltà? No, il Minotauro è dominato dagli istinti, dalla sua natura animale e il labirinto rappresenta il suo stato spirituale: perso nelle tenebre e nell’ignoranza. Nella mente del mostro regna la confusione, la diritta via è smarrita. Il labirinto rappresenta anche le viscere e quindi le zone infere, i piani inferiori dell’essere da conquistare e superare. Teseo affronta il Minotauro nel labirinto per dominare gli istinti e superare la sua condizione animale. Il filo di Arianna è la diritta via. Il filo è di colore rosso a simboleggiare la regalità di Teseo.
La donna, guida di Teseo, a prima vista sembra un volto della Sapienza, che guida il Sé nel labirinto affinché non smarrisca la strada. È una prova iniziatica e il cavaliere rettamente guidato controlla gli stati inferiori dell’essere e li supera.
Dopo l’uccisione del mostro Teseo prende Arianna con sé per poi abbandonarla su un’isola. Ne esistono varie versioni, in una è Dioniso ad ordinare l’azione, mentre in altre l’iniziativa è di Teseo: un comportamento apparentemente inspiegabile. Arianna gli ha salvato la vita e non ci sono giustificazioni di sorta, però dal punto di vista iniziatico ogni cosa deve essere ricondotta all’unità, gli istinti devono essere domati, ma non si può essere dominati dalla pura razionalità.
Il Minotauro è fratellastro di Arianna a testimonianza della doppia natura dell’uomo che deve essere superata. Come il Beauceant, il vessillo dei templari a scacchi bianchi e neri a testimoniare il bene e il male che convivono in ogni uomo. Questa divisione deve essere superata e deve essere ricondotta ad unità superiore e questo spiega quella parte di mito incomprensibile. I due opposti ad un livello superiore sono complementari e sono ricondotti ad unità. Arianna non a caso è sorellastra del Minotauro, Razionalità e Istinto, termini che devono ambedue essere soppressi per giungere ad uno stato superiore dell’essere dove gli opposti sono ricondotti a unità. Se Teseo non avesse abbandonato Arianna dopo la sconfitta del Minotauro non avrebbe superata la prova perché non avrebbe ricondotto ad unità gli opposti. Solo lasciandosi alle spalle gli istinti e la razionalità può giungere ad un grado spirituale superiore in cui sarà l’intelligenza metafisica a guidarlo, né l’istinto, né la razionalità. Una bella immagine che rende conto dell’unione degli opposti è quella dei racconti arturiani in cui i due draghi bianco e rosso si fronteggiano e si ammazzano a vicenda.
Arianna è aiutata da Dedalo, lo scienziato di corte, uomo razionale, rafforzando l’idea della figlia di Minosse come simbolo di raziocinio. Dedalo è anche colui che costruisce la vacca di legno dove la moglie di Minosse si nasconde per essere posseduta dal bianco toro dono di Poseidone, così generando il Minotauro. In questo episodio raziocinio e istinto sono uniti, ma senza superare la dualità. La razionalità coadiuva la soddisfazione dei bassi istinti: i due aspetti rimangono separati senza completarsi e superarsi. Dedalo è anche l’uomo che costruisce le ali di cera e che precipita. Qui è la pretesa titanica di arrivare a Dio con la razionalità senza usare lo spirito. È l’intelligenza metafisica che guida l’uomo e permette di superare i limiti umani, senza questa è un impresa faustiana, è un discendere agli inferi e sfida a Dio. Pensare che la sola ragione possa permettere di comprendere gli aspetti metafisici è orgoglio e l’anima si perde precipitando negli abissi.

Il termine del racconto è piuttosto tragico quasi a vanificare l’eroismo iniziale di Teseo e anche nel finale, come per Arianna, l’eroe non sembra più tale. Teseo e il padre Egeo avevano concordato un segnale, le vela bianca per la vittoria quella nera per la morte, tema poi ripreso nei racconti di Tristano e Isotta.

Nel viaggio di ritorno la nave dell’eroe affronta una tempesta e un fulmine straccia la vela bianca, e per continuare la navigazione fa issare quella nera. Teseo, dimentico dell’accordo con il padre, in prossimità di Atene non fa cambiare la vela nera e il padre che scrutava l’orizzonte da una rupe vedendo la nave con la vela nera, non resistendo al dolore, si butta giù dalla rupe nel mare che da quel momento si chiamerà Egeo. In alcuni racconti la vela è volutamente lasciata nera per adempiere la profezia della morte del padre. Teseo non fa una bella figura come eroe, prima abbandona Arianna che lo ha salvato poi procura la morte del padre a causa, nella migliore dell’ipotesi, di una distrazione; però se analizziamo il racconto in maniera simbolica i conti tornano. Dopo aver superato la prova ed abbandonato Arianna, quindi superando la dualità istinto/ragione, Teseo è un uomo nuovo e deve rinascere. La morte del padre simboleggia la morte del vecchio individuo e non bisogna scomodare la psicologia con tesi quali il parricidio o il complesso di Edipo. Più semplicemente è l’individuo nuovo che nasce e quello vecchio deve morire. Teseo prende il posto del padre e diventa re di Atene, l’iniziazione è conclusa.

mercoledì 30 settembre 2015

Appunti per un articolo su Castel del Monte

in collaborazione con l'autore Michele Leone

tratto da: http://micheleleoneblog.blogspot.it/2015/04/appunti-per-un-articolo-su-castel-del.html


Attraversato il portale, il percorso è praticamente obbligato. L’obbligatorietà del percorso, i giochi delle luci e degli accadimenti astronomici lo rendono assai simile ad un labirinto, anzi, lo rendono un labirinto. Labirinto nella sua accezione classica ossia unicursale al pari di quelli rappresentati in molteplici cattedrali e non solo. E nel labirinto, non solo la luce anche le ombre a ricorrersi, a creare una opportunità di scelta, una necessità nel cammino. L’ombra e la luce, destrutturate da ogni valenza morale, sono parte del percorso. Ed ecco che bisogna camminare sul bianco e sul nero, a memoria del massonico pavimento a scacchi, per giungere non alla meta ma solo al passo successivo. La meraviglia ed il senso ritornano forti, perché ad un certo punto, mentre si cammina e si sale bisogna sentire ed utilizzare i sensi quelli fisici e quelli dello spirito. E meravigliarsi di quanto è in noi di luce e tenebra. Ecco allora cosa potrebbe essere, tra le altre cose Castel del Monte un labirinto e in quanto labirinto mandala, in quanto mandala può rimandare allora ad un fiore e se fiore deve essere sia rosa. Se è rosa, non può che essere la Rosa, quella degli iniziati che da un lato genererà i filosofi Rosa+Croce e dall’altro rimanderà ai custodi del Graal. Graal che secondo alcune leggende qui sarebbe custodito.

Gioia – Salute - Prosperità

© Michele Leone

giovedì 11 ottobre 2012

Il labirinto, la spirale ed il ballo

di Vito Foschi (pubblicato su Fenix del n.8 giugno 2009)

Il labirinto è un simbolo ricorrente che accompagna l’uomo fin dalla preistoria e che dal mito di Dedalo e del Minotauro lo ritroviamo in mille racconti, favole, fumetti e rappresentato dappertutto finanche nelle chiese medievali fino a costituire elemento di arredamento, a partire dal rinascimento, dei giardini delle ville signorili con i famosi labirinti di siepi.
Di labirinti esistono vari tipi, da quelli a pianta circolare a quelli con pianta quadrata, da quelli con un’unica via da percorrere per giungere al centro a quelli con incroci e vicoli ciechi da attraversare da una parte all’altra cercando la via giusta e così via. Una possibile classificazione può essere questa:

  • labirinti con un’unica entrata ed  un’unica uscita ovvero unicursale con un’unica strada aggrovigliata che impone una via di percorrenza obbligata ed unica ad esempio una spirale come il labirinto di Chartres;
  • labirinti con più entrate, più uscite;
  • labirinti con un’entrata, più uscite;
  • labirinti con più entrate, più uscite. 
In questo lavoro faremo alcune considerazioni sui labirinti unicursali ed in particolare considereremo quelli a forma di spirale in cui non esiste una vera e propria uscita ma l’obiettivo è raggiungere il centro.
Il simbolo della spirale è presente nella storia dell’uomo fin dalla preistoria ed facile trovarlo graffito su rocce o sulle pareti di caverne. Tale simbolo è stato associato spesso alle viscere dell’uomo data la loro conformazione. Se consideriamo i labirinti a spirale possiamo immaginare che attraversarli è per analogia un viaggio nelle viscere dell’uomo, al suo interno, al suo centro o cuore nascosto e per certi versi è anche un viaggio verso l’oltretomba che è una dimensione nascosta che si immagina interna alle viscere della terra e non a caso il termine. Dopotutto le stesse caverne e grotte sono considerate le viscere della terra. La spirale è una sorta di budello aggrovigliato che sta a rappresentare il mondo infero come le viscere all’interno dell’uomo.
Se consideriamo un altro simbolo come quello della triplice cinta formato da tre quadrati concentrici e da una croce sovrapposta che parte dal quadrato più interno e taglia i due più esterni a rappresentare il centro spirituale nascosto ed i tre gradi dell’iniziazione possiamo notare la sua somiglianza con un labirinto. Il quadrato nella tradizione rappresenta la terra contrapposto al simbolo del cerchio che rappresenta il mondo celeste. La capitale di Atlantide era circondata da tre fossati attraversati da ponti a ricordare la triplice cinta con cerchi al posto dei quadrati come già notato da altri studiosi quali il Guénon. Ed il cerchio rappresentava il suo essere più vicina al mondo celeste ed in effetti la distruzione avviene per mano degli dei che la puniscono per il suo allontanamento dalla legge divina.
Ritornando al labirinto di Chartres dobbiamo ricordare che percorrerlo in ginocchio era equivalente del pellegrinaggio a Gerusalemme. Nel medioevo Gerusalemme era rappresentata sulle mappe al centro del mondo perché la si considerava il centro del mondo e sul suo asse in cielo era disegnata la Gerusalemme Celeste ed in basso l’inferno a completare l’asse del mondo. Si percorreva la spirale per arrivare a Dio.
Il viaggio di Dante nella Divina Commedia è un viaggio a spirale, i gironi sono dei cerchi concentrici e Dante passa da un cerchio più largo a quello più stretto. Il numero tre che percorre tutta l’opera di Dante ricorda il tre della triplice cinta.
Nei riti praticati dagli sciamani è spesso usato il ballo per raggiungere il trance e così poter parlare con gli spiriti e si può ipotizzare che siano potuti esistere tipi di ballo per raggiungere il trance che seguivano il percorso della spirale, ballare lungo la spirale in tondo un po’ come i Dervisci che ballano freneticamente roteando su se stessi, ma in più nello stesso tempo avvicinandosi al centro. Il  ballo verso il centro poteva rappresentate il viaggio verso il centro occulto dell’uomo, all’interno delle viscere, nel cuore, centro spirituale dell’uomo che pone in contatto con la divinità. In fondo, nelle moderne scuole di ballo sul pavimento sono disegnati i passi da eseguire, così la spirale poteva servire agli sciamani per eseguire i loro balli e giungere alla trance.
La trance sciamanica è un modo per comunicare con l’oltremondano e può essere considerato una sorta di viaggio. La spirale rappresenta il mondo sotterraneo proprio perché rappresenta le viscere ed il ballo lungo la spirale è una sorta di viaggio verso il mondo infero per poi ri“uscire” a “riveder le stelle”.
La spirale è legata ai culti della Dea Madre, a rappresentare le viscere della dea come utero e la sua capacità riproduttive. Nella penisola salentina, in Puglia esistevano fino a pochi decenni fa il fenomeno delle tarantolate ovvero di donne che pizzicate da un fantomatico ragno, la tarantola, sono percorse da spasmi che le costringono a un ballo irrefrenabile che spesso termina nei pressi di un luogo sacro. Nonostante le spiegazioni sociologiche è evidente il legame con i culti della Dea Madre perché il ragno è un animale sacro alla dea ed il ballo non che può che essere il ricordo di un rito sciamanico che prevedeva il ballo e la musica per ottenere la trance come succede tuttora in alcune popolazioni o nel caso dei Dervisci già citato.
La grotta è il luogo di culto della dea e la spirale rappresenta anche il mondo sotterraneo per analogia con le viscere umane. Il percorso all’interno della dea, all’interno dell’utero, per giungere all’origine della vita, all’unità primordiale all’origine del Tutto.
Il labirinto può essere considerato un’evoluzione della spirale legata al culto della Dea Madre. La spirale come abbiamo già detto può essere considerato un labirinto unicursale con un’entrata ed un’uscita. Allontanandosi dalla perfezione iniziale, dalla mitica età dell’oro iniziale, il disegno della spirale-labirinto si confonde complicandosi sempre più. Si aggiungono dei bivii, più entrate, più uscite e si passa dal cerchio al quadrato dallo spirituale alla materialità, similmente alla pianta circolare della capitale di Atlantide che si trasforma nel quadrato della triplice cinta.
L’allontanamento dal centro spirituale e la progressiva materializzazione ha due conseguenze: il cerchio diventa quadrato e il labirinto da una via a più vie perché il centro diventa nascosto e non è più così semplice raggiungerlo.
Si aggiungono strade sbagliate per confondere chi non è degno e per occultare la strada come nella selva oscura di Dante che è equivalente al labirinto. All’interno della selva o labirinto non a caso la diritta via è smarrita, Dante trova finalmente la via guidato da Virgilio e si ha il passaggio da labirinto a spirale perché come abbiamo detto il percorso di Dante può essere considerato spriraliforme. L’evoluzione o meglio l’involuzione è stata da spirale a labirinto e per tornare al centro si deve passare dal labirinto alla spirale ovvero il passaggio inverso, all’interno del labirinto bisogna trovare la via diritta.
Il ricordo di una via privilegiata, di una strada maestra che permetta di giungere al cuore dell’uomo, a Dio si conserva ed abbiamo lo splendido labirinto di Chartres da percorrere come sostituzione del pellegrinaggio a Gerusalemme, centro per eccellenza.