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venerdì 24 gennaio 2020

La legione perduta

Di Vito Foschi

Mi è capitato di vedere in TV il film "Dragon Blade - La battaglia degli imperi" che nei titoli di testa evidenziava che la trama traeva origine da una storia vera. In realtà, la storia è del tutto inventata incentrata su una legione romana che raggiunge un avamposto cinese sulla via della seta e da lì una miriade di avventure. Che l'Impero Romano possa aver avuto dei contatti con l'Impero Cinese non rappresenta certamente un'impossibilità storica, merci e uomini si sono sempre spostati anche se ovviamente con le difficoltà del caso.
Sono noti dei casi in cui truppe partite per spedizioni per terre lontane non siano più tornate in patria per i motivi più vari e si siano fuse in qualche modo con le popolazioni locali dando vita a peculiarità storiche che a volte hanno creato dei piccoli enigmi storico-archeologici. Un caso italiano è quello del comune di Gurro nella valle Cannobina nel Verbano in cui si parla uno strano dialetto, sono presenti parecchie chiome rosse, i cognomi sono totalmente diversi da quelli comuni nella zona e così via. Da dove nascono queste peculiarità? Il tutto risale alla battaglia di Pavia del 1525 in cui si scontrarono le truppe di Francesco I con quello di Carlo V. Nell’esercito francese erano presenti dei mercenari scozzesi che in seguito alla sconfitta trovarono rifugio nel paese di Gurro e non potendo tornare in patria perché in pieno inverno non trovarono di meglio che stabilirsi nel comune in cui avevano trovato rifugio.
Facendo una breve ricerca ho trovato notizie sulla cosiddetta leggenda della legione perduta che ha dato lo spunto al film "Dragon Blade - La battaglia degli imperi". I dati storici sono esigui pertanto si continua a parlare di leggenda più che di storia. I dati certi riguardano una spedizione romana contro l’Impero dei Parti guidata da Marco Licinio Crasso e della battaglia di Carre nella Turchia orientale, combattuta nel 53 A.C. e conclusa con un disastro per l’esercito romano. Molti legionari furono fatti prigionieri e non si seppe più nulla di loro. Alcuni anni dopo i Parti furono sconfitti dai romani, che intimarono loro di restituire i prigionieri, ma i Parti risposero che non ne sapevano nulla. Abitudine dei Parti erano di spostare i prigionieri catturati ad occidente nelle loro estreme propaggini orientali per evitare tentativi di fuga. I soldati romani furono spostati verso il Turkmenistan per fronteggiare gli Unni. Questi i dati certi, ma nel 1955 un sinologo americano, tale Homer Hasenpflug Dubs, in base allo studio degli annali della dinastia Han (206 a.C. – 220 d.C), ipotizzò una presenza romana in Cina. L’ipotesi nasceva dalle descrizioni di alcuni scontri in cui sembrano palesarsi sia le tecniche di combattimento romano come la ormai nota testuggine, sia il tipo di fortificazione formata da palizzate in tronchi di legno. La battaglia fu vinta dai cinesi che fecero circa 200 prigionieri che furono spostati ancora più ad oriente in una città che fu chiamata Li-Jen che sembra una trascrizione in cinese della parola “legione” che è anche il nome con cui i cinesi chiamavano i romani nella regione del Gangsu. A questi prigionieri fu affidato il compito di difendere i contadini dalle incursioni tibetane.
Dubs indicò come possibile locazione della città di Li-Jen, l’attuale Zhelaizhai, in prossimità di Langzhou sulla Via della Seta e da qui lo spunto per il film. Sono state fatte delle ricerche nella località, ma per ora non è stata trovato nulla di significativo che avvalorasse l’ipotesi. Che una legione romana abbia raggiunto il Celeste Impero ad oggi rimane una possibilità non suffragata da sufficienti prove.

sabato 24 dicembre 2016

La simbologia occulta nella leggenda del Graal

Con estremo piacere vi segnaliamo il nuovo libro di Vito Foschi dedicato alla leggenda del Graal:

Il libro offre una lettura simbolica del Perceval di Chrétien de Troyes seguendo le lezioni di René Guénon. Dopo una descrizione della struttura del racconto che mette in evidenza una struttura tripartita tipica delle iniziazioni, che permette anche di ipotizzare una conclusione del romanzo lasciato incompiuto dall’autore, si passa ai vari aspetti simbolici contenuti nell’apparente semplice romanzo cavalleresco. Si scopre una ricchezza di simboli e significati molto densa, ritrovando aspetti iniziatici, del simbolismo alchemico, del mito del re sacerdote, il simbolismo dei colori, la simbologia del cuore e aspetti legati ai rituali agricoli e alla fecondità della terra.


Per poterlo acquistare e ve lo consigliamo veramente ;)



mercoledì 3 febbraio 2016

La Papessa Giovanna... E se fosse tutto vero?



La cosiddetta "leggenda" della Papessa Giovanna potrebbe non essere una favola medievale. Da secoli e secoli il racconto di una donna salita al soglio pontificio nel IX secolo utilizzando il trucco di vestirsi da uomo viene spacciato per pura invenzione finalizzata a screditare la Chiesa. Secondo questo racconto, dopo due anni di pontificato Giovanna sarebbe stata scoperta a causa della nascita prematura del suo bambino avvenuta mentre stava guidando una processione per le vie di Roma, con conseguente lapidazione dell'autrice dell'impostura da parte dei fedeli che assistevano alla cerimonia.

A distanza di circa milleduecento anni dal periodo in cui è collocata questa "leggenda", Pietro Ratto - professore di Storia e Filosofia, giornalista e saggista - pubblica il suo eclatante Le Pagine strappate (edizioni Elmi's World) - finalista al Premio Carver 2014 - in cui racconta il suo affascinante studio dell'edizione in volgare risalente al 1552 del Delle Vite de' Pontefici di Bartolomeo Sacchi, detto il Platina, confrontandola con due edizioni successive della stessa opera: quella del 1562 (in latino) e quella del 1650 (in volgare). Dall'analisi dell'edizione del 1552, condotta su una copia sfuggita alla censura del Concilio di Trento, e dalla comparazione di questa con quelle successive, corrette dal Revisore e Direttore della Biblioteca vaticana Onofrio Panvinio, Ratto ricostruisce un complesso meccanismo di ri-numerazione dei papi Giovanni da Giovanni VIII, nell'edizione del 1552 identificato proprio nella Papessa, al Giovanni a cui originariamente il Platina attribuisce il numerale XXIV riferendosi a Baldassarre Cossa. Pontefice, quest'ultimo, che nelle due edizioni successive viene drasticamente retrocesso al numerale XXIII (e oggi ritenuto Antipapa) proprio per effetto della rimozione del Giovanni VIII (Giovanna) successore di Leone IV. L'elemento di maggior rilievo di questa ricerca, però, è costituito dalla scoperta di un complicato procedimento escogitato dai censori vaticani consistente nella correzione di date e di nomi di pontefici al fine di riassorbire i due anni di pontificato di Giovanna, da cancellare dalla storia soltanto perché attribuito ad una donna. Un meccanismo che di fatto assottiglia progressivamente la differenza tra la versione del 1552 e quella del 1650, a partire dall'anno della morte di Leone IV (855) fino al definitivo riallineamento delle due cronologie, raggiunto in occasione della consacrazione di Benedetto IX, verificatasi nel dicembre 1032.

Da notare, infine, l’importante e inconfutabile prova che il saggio fornisce relativamente alla presenza del busto di Giovanna tra quelli degli altri Pontefici, ben visibile nel duomo di Siena ancora nel 1595.

Un elemento molto importante, questo, dato che fino ad oggi anche questa particolare circostanza è sempre stata liquidata come l’ennesima falsità collegata alla Fabula e messa in circolazione dai soliti “eretici” protestanti.