Visualizzazione post con etichetta odino. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta odino. Mostra tutti i post

mercoledì 12 giugno 2019

Le saghe nordiche raccontate da Neil Gaiman

tratto da "Il Giornale" del 18-11-2018

di Matteo Sacchi

Un lungo viaggio nello spazio e nel tempo. Per visitare tutti i nove mondi: Asgard, la casa di Odino; Alfheim dove vivono gli elfi della luce; Nidavellir dove i nani creano oggetti magnifici; Midgard, la patria degli uomini; Jotunheim, la terra dei giganti del gelo; Vaheim dove vivono i Vanir dei diversi che hanno dovuto piegarsi a Odino; Niflheim, luogo di oscure foschie; Muspell, terra del fuoco; e infine Hel dove vanno i morti che non sono caduti valorosamente in battaglia.

Ecco cosa regala Neil Gaiman ai suoi lettori in Miti del nord (Mondadori). Gaiman non è uno studioso professionale di mitografia norrena. Al grande pubblico è noto per i romanzi, come American Gods e Coraline, o fumetti, come Sandman, o graphic novel, come Mr Punch. Ma a partire da American Gods, libro in cui gli dei nordici vengono raccontati come se vivessero negli Stati Uniti dei giorni nostri, e passando per la sceneggiatura di La leggenda di Beowulf, Gaiman ha mostrato di conoscere molto bene le saghe scandinave, di coglierne la potenza.

Come spiega nell'introduzione di Miti del nord, lo hanno colpito a partire dalla sua infanzia. All'inizio una infatuazione pop dovuta ad uno dei fumetti più belli del geniale Stan Lee (che ci ha lasciato questa settimana) ovvero Thor. Da lì, Gaiman ha continuato a studiare le avventure di Odino, Loki e tutti gli altri Aesir. In questo saggio-antologia, che però ha la scrittura agile di un romanzo, raccoglie i miti tramandati dall'Edda poetica e dell'Edda di Snorri. Con la bravura da divulgatore che gli è propria, accompagna il lettore attraverso le radici, il tronco e i rami di Yggdrasil, l'albero mondo che collega ogni cosa. Se le divinità dei vichinghi si spostano usando Bifrost, il ponte dell'arcobaleno, per i più giovani il ponte verso la dimora di Thor, gli inganni di Loki e il disastro cosmico del Ragnarök potrebbe essere proprio Gaiman. Racconta di come i nani ricostruirono in fili d'oro la chioma della divina e bellissima Sif, proprio come uno scaldo (l'aedo dei vichinghi) alla corte di Ragnar Lodbrok. Il tutto con - a chiusura - un glossario ben fatto.

sabato 28 gennaio 2017

Furia, Odino o allucinogeni? Ecco la verità sui "berserkir"

tratto da "Il Giornale" del 20 dicembre 2016

I «guerrieri orso» sono una delle leggende vichinghe più famose. Un saggio svela i segreti della loro forza

di Matteo Sacchi

La leggenda parla di guerrieri di una ferocia inaudita. Vestiti di pelli di orso, o di lupo, si gettavano in battaglia in preda a un furore inspiegabile.


La loro rabbia li rendeva praticamente invulnerabili. Per usare le parole della antiche saghe scandinave: «In battaglia, Odino aveva il potere di rendere i loro nemici ciechi o sordi o colti da terrore, mentre le loro spade non tagliavano più di bastoni... Andavano senza corazza ed erano furiosi come cani o lupi, mordevano i loro scudi ed erano forti come orsi o tori... né il fuoco né il ferro facevano loro del male». E nella leggenda c'è un nome che ricorre sempre per questi soldati-belva: Berserkir. Che i miti sulla licantropia possano avere avuto origine in queste remote lande, dunque, è quasi un'evidenza. Ma cosa c'è di vero nelle storie che ci sono state tramandate? Sono decenni che gli studiosi se lo chiedono. Il filologo e storico medievale Vincent Samson ha cercato di arrivare ad una risposta definitiva con il suo: I Berserkir. I guerrieri-belve nella Scandinavia antica, dall'età di Vendel ai Vichinghi, VI-XI secolo (Settimo sigillo, pagg. 496, euro 34,50).

Quello che emerge con chiarezza è che i Berserkir sono esistiti davvero. Al di là dei testi poetici che, come la Ynglinga Saga, sono stati messi per iscritto molto più tardi, esistono prove archeologiche concrete. Statuette che rappresentano guerrieri coperti di pelli d'orso o di lupo. E tombe istoriate di rune che testimoniano come il sepolto fosse un guerriero-belva. Più difficile dire esattamente come si scatenasse lo stato di trance che era tipico di questi guerrieri. Molti studiosi, a partire da Samuel Lorenzo Ödman, teologo dell'università di Upsala, hanno legato il furore dei berserkir all'utilizzo di un fungo, l'amanita muscaria. E in effetti, alcune popolazioni, come i lapponi, lo utilizzano a scopo sciamanico. La tesi convince poco Samson. Nelle fonti antiche questo furore guerriero, indotto dal dio Odino, sembra poter essere scatenato da chi è in grado di farsene possedere senza alcuna preparazione chimica. Secondo Samson, la furia era più che altro il risultato di una profonda convinzione religiosa. E almeno sino ad un certo periodo i guerrieri belva erano con buona probabilità membri dell'élite delle antiche popolazioni scandinave. Così era almeno sino ai tempi di re Harald Bellachioma (850-933 d.C.). Quando sconfisse i suoi nemici durante la battaglia navale di Hafrsfjord (convenzionalmente collocata nel 872 d.C.). Gli antichi poemi legano la sua vittoria alla presenza di guerrieri coperti di pelle di lupo che combattevano sulla sua nave ammiraglia. «Le camicie d'orso grugnivano, il combattimento dava loro rabbia, le tuniche di lupo urlavano e le armi brandivano». Per altro anche le forze opposte al re schierano dei guerrieri belva come Thoris Hakland.

Insomma quella dei guerrieri mascherati da animali sembra essere stata una pratica molto in voga nella civiltà vichinga prima del cristianesimo. Una prassi limitata ai vichinghi? Sembra che i suoi echi si possano rintracciare anche tra le tribù germaniche, ce ne sarebbero addirittura le prove nei rilievi della colonna Traiana. La radice secondo Samson potrebbe ritrovarsi in antichi rituali della civiltà del bronzo che tra le popolazioni nordiche sono sopravvissuti a lungo. Ma resta molto difficile giungere ad una interpretazione univoca. Quel che è certo è che quando la Scandinavia divenne cristiana per i berserkir non ci fu più posto. Erano il reperto più bellicoso e furente della precedente religione. Così nel tramandarsi dei miti la loro figura fu messa in ombra o trasfigurata. Spesso rimase solo l'eco della violenza e il versante religioso, la loro etica guerriera, fu messa da parte.

Samson prova a farla rivivere e a fornire al lettore tutti gli strumenti per capire la complessità del tema. Il risultato è un libro non facile che chiede al lettore di famigliarizzarsi almeno un po' con le forme dell'antica poesia scaldica. Ma il viaggio nel tempo sulle orme di questi guerrieri, capaci di avere accesso al lato animalesco dell'uomo, ne vale la pena.