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giovedì 28 settembre 2023

La disfida delle dieci città per la conquista del sacro Graal

tratto da "Il Giornale" del 10 Maggio 2017

Chiese e castelli si vantano di custodire l'ampolla col sangue di Gesù. Una reliquia che richiama ogni anno milioni di turisti

di Emanuela Fontana

Forme geometriche pure, unione tra uomo e infinito, perfezione aurea, scolpita nel numero di Dio. A Castel del Monte il grecale che viene dal mare soffia forte su quattro lati dell'ottagono, ma camminando contro corrente si placa lungo i torrioni rivolti alla campagna, fitti di conifere. Un luogo che è un mistero, da sciogliere come un gomitolo girandoci intorno, lungo quelle mura di forme chiuse e aperte, torri che sembrano lavorate al tornio, stelle a cinque punte e linee vitruviane, volute da Federico II ma di cui non risulta nessuna testimonianza storica di tempi di costruzione, utilità, funzione.

Isolato su una collina a sedici chilometri da Andria, il castello emerge come una conchiglia al limitare dell'Alta Murgia ed è uno degli scrigni d'Italia dove si dice sia custodito il Santo Graal, il sangue di Cristo. La ricerca del sacro tesoro lambisce angoli di Italia apparentemente non connessi tra loro dal punto di vista geografico o storico, come se la ricerca del Mistero, di una pietra filosofale in forma di sangue rappreso, non si esaurisse mai dopo secoli, libri, leggende e premonizioni. Castel del Monte, la fortezza a forma di coppa di calice, dove archi, portale, linee, rispondono al numero aureo, la sequenza di Fibonacci, e dove i visitatori crescono al ritmo di 15mila in più ogni anno (è il sito più visitato della Puglia e tra i primi del sud Italia). La chiesa di uno dei Santi più enigmatici della cristianità, Nicola di Bari, dalle cui ossa si sprigiona un liquido, la manna. L'insistente iconografia dell'angelo guerriero che sostiene un calice, i giochi di luce che sembrano illuminare un indizio inciso su una parete del Castello del Maschio Angioino a Napoli. Le leggende legate a un miracoloso arrivo via mare di un'ampolla a Sarzana, nell'entroterra ligure al confine con la Lunigiana. Il sacro catino della Cattedrale di Genova. Il Saas Carlash della Val Codera. Il calice di vetro del Duomo di Berceto lungo la via Francigena. Tutti questi luoghi rivendicano la custodia del sangue reale, il sang real. Calice, sangue, tomba.


IL CASTELLO DIVINO

In Puglia molti dei 260mila turisti che salgono la collina dell'ottogonale castello, di cui non si conoscono nè architetti nè data di costruzione, cercano un senso agli ultimi studi pubblicati sul Graal. Come il libro, in vendita nella libreria della fortezza, «Castel del Monte e il Santo Graal», edito da Laterza, di Aldo Tavolaro, in cui il castello a forma di cristallo, di pietra calcarea, marmo e breccia corallina viene vivisezionato nel gioco di diagonali del cortile interno, con l'angolo a 47 gradi, «doppio dell'angolo di inclinazione dell'asse terrestre». Secondo questa ricostruzione, in una cella segreta, in una nicchia tra le otto stanze trapezoidali del pian terreno e le altrettante del primo, potrebbe essere custodito il sangue di Gesù, o esservi addirittura una tomba che attesti una discendenza. Federico aveva un rapporto conflittuale con i Templari, i custodi del Graal, ma il castello è infarcito di simboli templari, a partire dalla testa barbuta presenta nella chiave di volta della settima sala, il Baphomet. Queste le teorie sullo scrigno della Murgia.


IL CRITTOGRAMMA DI SAN NICOLA

Ma forse per stare dietro al grande successo del castello svevo, anche Bari torna alla carica sulla paternità del Graal. Nella basilica è custodita una riproduzione della lancia di Longino, il centurione che trafisse il costato di Gesù sulla Croce. Dalla lancia che incise la ferita al sangue il passo è breve: la sacra essenza sarebbe custodita in un luogo che solo la decrittazione di un'incisione a 624 lettere posta sull'altare, il crittogramma di San Nicola, può svelare. Ovviamente nessuno sinora ci è riuscito. Nemmeno Dan Brown. Il trasporto nel 1087 delle ossa di San Nicola da Myrna, città turca di cui era vescovo, potrebbe quindi essere stato associato a un trasferimento ancora più prezioso.

Con il patrocinio dell'assessorato al Turismo, Napoli ha avviato a ottobre un imponente progetto con visite guidate e convegni, «Il Graal al Maschio Angioino». La possibile presenza del calice, o del sangue di Cristo, è legata a una serie di bassorilievi che ritraggono l'Arcangelo Michele, ma anche alla figura di Lucrezia d'Alagno, amata da Alfonso V d'Aragona. Le presenze al Maschio nel 2016 hanno sfiorato quota 300mila, con un aumento di visitatori negli ultimi due anni del 400%.


L'AMPOLLA DI LUNI

Anche la Liguria era crocevia di strade che collegavano l'Europa del Medioevo. A pochi chilometri dal mare, c'è una cittadina che rivendica il Santo Graal, ed è Sarzana. Qui vicino nacque, si sviluppò e si esaurì una florida civiltà legata al culto della dea Luna, e furono proprio le acque di Luni che nel 782 portarono sulla spiaggia una croce con inciso il volto di Gesù, il Santo Volto, e un'ampolla. I vescovi di Luni e Lucca si spartirono il miracolo, e a Luni, ora Sarzana, andò l'ampolla.

Compete con Valencia come possibile autentico calice l'affascinante Sacro catino della cattedrale di Genova, ora in restauro a Firenze, un vaso esagonale verde brillante in pietra bizantina indicato come il piatto usato da Gesù nell'Ultima cena. Sarebbe stato portato a Genova dopo la prima Crociata da Guglielmo Embriaco.


IL MISTERO IN UNA VALLE

La reliquia più cercata della storia sarebbe rimasta custodita fino al Quinto secolo nella chiesa di Aquae Sulis, in Britannia, e da qui spostata per la minaccia degli eserciti pagani. Ma prima di arrivare a Roma, avrebbe sostato in Val Codera, provincia di Sondrio, e qui si sarebbe fermata per l'invasione dei Longobardi. Il luogo scelto da un sacerdote del posto fu un enorme masso al termine di una conca, il Saas Carlash. Ma il Graal potrebbe anche trovarsi sotto il centro storico di Desenzano, o tra Desenzano e Sirmione, ovviamente ben nascosto, indicato dalle leggende come tesoro dei Catari. O sepolto in un pozzo vicino Aquileia. O giacere sotto la Basilica di Collemaggio, colpita dal terremoto del 2009, all'Aquila. O trovarsi nell'Abbazia di San Galgano, in provincia di Siena, vicino alla quale c'è addirittura una spada nella roccia. Ma non è di Artù, è di Galgano.


giovedì 19 novembre 2015

STORIA DI UNA SPADA

SAN GALGANO E IL FENOMENO DELLA SPADA NELLA ROCCIA


Nonostante il suo utilizzo nei titoli e nelle copertine di molti libri, la Spada nella roccia di San Galgano viene generalmente relegata ad appendice della figura del cavaliere, e non è utilizzata come chiave di lettura capace di produrre verità storiche, quanto piuttosto mitico-leggendarie.
Ma al di là degli aspetti simbolici riteniamo che, analizzando la storia di un oggetto eminentemente reale, sia possibile produrre ipotesi concrete sul suo stesso proprietario, quel Galgano sul quale è stato scritto un po' di tutto basandosi talvolta su premesse sin troppo scontate o, al contrario, sin troppo fantasiose.
Lasciarsi ‘condurre’ dalla Spada, dalla sua storia documentata e dalla sua archeologia, ha prodotto una reinterpretazione dell’intera vicenda di San Galgano, con risultati a tratti sorprendenti.

Mario Pagni, ex Archeologo Direttore presso la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana, ha effettuato numerose campagne di scavo e redatto numerosi progetti per mostre, musei e antiquarium. Ha insegnato alla Scuola di Specializzazione post laurea della Facoltà di Lettere Antiche di Firenze ed è autore di pubblicazioni come l’Atlante di Firenze Archeologica. Lorenzo Pecchioni, di formazione artistica, negli ultimi anni si è dedicato prevalentemente alla realizzazione di documentari e di saggi. È autore tra gli altri del documentario La Spada nella roccia di San Galgano e del libro Zelo Dei Accensus, dedicato all’Ordine di San Girolamo.

Introduzione a cura di
Fabrizio Trallori
storico e direttore del Museo del Figurino Storico


martedì 1 maggio 2012

Le spade nella roccia

di Vito Foschi


La spada nella roccia può sembrare solo una bella favola, ma in realtà esistono almeno due spade infisse nella roccia circondate da un alone di mistero. Una di queste si trova in Italia a Monte Siepi presso Siena ed è la spada appartenuta a San Galgano, l’altra si trova in Francia a Rocamadour e sarebbe appartenuta al paladino Orlando.

Il santo nasce a Chiusdino nel 1148 da una famiglia della piccola nobiltà e la sua infanzia è segnata dalla morte del padre. La sua vita è per certi versi simile a quella di San Francesco che dopo una giovinezza dissoluta si converte e vive santamente.

La sua vita è sconvolta da due visioni di San Michele: nella prima il santo lo richiede alla vita militare, mentre nella seconda gli richiede di abbandonare tutto e di recarsi a Monte Siepi a vivere in eremitaggio. L’arcangelo Michele quale generale delle schiere angeliche è stato sempre protettore di eserciti e invocato dai combattenti e per questo Monte Sant’Angelo sul Gargano divenne santuario nazionale dei Longobardi. Le visioni di Galgano sembrano quasi inserirsi in questo solco a giustificare l’attività del cavaliere, classe sociale che nel 1100 stava formando le sue regole e codici tra cui la solenne investitura che nei secoli precedente era una semplice consegna delle armi; non dimenticando che erano gli anni delle crociate e della nascita dell’ordine Templare che presentava una novità assoluta per quell’epoca: il monaco guerriero.

Galgano quando riceve la seconda visione cerca di raccogliere i fondi per costruire una chiesa a Monte Siepi ma senza successo. Un giorno il cavallo si blocca e rifiuta di proseguire il suo percorso ed il cavaliere è costretto a lasciare sciolte le briglie al cavallo che si rimette in cammino e lo conduce al monte indicatogli da San Michele. Qui, Galgano, smonta da cavallo estrae la sua spada e la infigge nella dura roccia per farne una rozza croce su cui pregare. Ed è la stessa che è ancora possibile vedere nei resti della cappella costruita sopra la roccia. Abbandonata la sua vita d’arme inizia su Monte Siepi la sua vita da eremita affrontando secondo la leggenda anche un demone che era venuto a tentarlo ed allontanandosi dal suo eremo solo una volta per recarsi a Roma dal Papa. Muore a 33 anni e viene subito fatto santo ed esiste un documento che riporta gli atti del processo di canonizzazione.

L’altra spada nella roccia la si trova a Rocamadour, suggestivo borgo medievale arroccato su un dirupo nei Pirenei francesi tappa intermedia verso il santuario di Santiago di Compostela in Spagna e a sua volta meta di pellegrinaggi per la sua Vergine Nera. Il paese è costruito su più livelli collegati da lunghe scalinate e conseguentemente è visitabile sola a piedi. Ha origine nell’alto medioevo per opera di alcuni eremiti tra cui secondo la leggenda un certo Amadour, poi fatto santo, da cui poi Rocamadour ovvero roccia (roc) di Amadour. Nel 1100 inizia la venerazione della Madonna Nera a causa di un curioso miracolo: sopra la statua della Madonna esisteva una campana miracolosa d’epoca carolingia che suonava da sola quando nelle vicinanze avveniva un miracolo. Da quel momento il paese diventa meta di pellegrinaggi e si amplia notevolmente. Altra attrattiva di Rocamadour è Durlindana, la spada di Orlando, infissa in una parete rocciosa all’entrata del santuario sulla tomba di San Amadour. Secondo la leggenda, Orlando prima di morire nella famosa battaglia di Roncisvalle, cercò di spezzare la sua spada per non farla cadere in mani musulmane ma non riuscendovi invocò San Michele affinché  gli desse la forza per scagliarla lontano e così avvenne che Durlindana raggiunse Rocamadour infiggendosi nella parete rocciosa. Orlando lanciando la spada avrebbe profetizzato che dove sarebbe caduta la spada lì sarebbe sorta Rocamadour, costituendo il mito fondatore del piccolo borgo francese.

tratto da Il Genio Quotidiano del 14 dicembre 2011