Visualizzazione post con etichetta vampiri. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta vampiri. Mostra tutti i post

domenica 23 luglio 2023

Da Barbablù al vampiro di Bergamo ecco i casi veri del passato

tratto da Il Giornale del 13 Agosto 2021 

La figura dell'omicida seriale esiste da sempre. Locusta fece una strage ai tempi dell'antica Roma

di Matteo Sacchi


Gli esseri umani uccidono. Per un infinità di motivi. A volte però diventa un atto compulsivo, incoercibile, ribadito con furia e modalità sempre uguale. La psicoanalisi ha esaminato queste psicosi, ha incasellato, a partire dagli anni Settanta del Novecento, chi ne è soggetto come omicida seriale. Ma se la classificazione di questi comportamenti, aberranti, è recente il loro insorgere tra gli esseri umani è antichissimo, probabilmente ancestrale. Difficile risalire a quale sia il più antico serial killer conosciuto. Si potrebbe fare appello addirittura al mito greco di Procuste. Questo brigante appostato sul monte Coridallo, nell'Attica, lungo la via sacra tra Eleusi e Atene, aggrediva i viandanti e li straziava battendoli con un martello su un'incudine modellata a misura di letto (il suo). I malcapitati venivano così torturati e «stirati» se troppo corti, o amputati qualora i loro arti sporgessero. Forse il personaggio ucciso nella leggenda da Teseo non è mai esistito. Ma il comportamento può ricordare quello di serial killer moderni con disturbi legati alla loro fisicità. Procuste per non sentirsi inadeguato adegua il mondo a se stesso.

Ci sono casi in epoca storica che indubbiamente potrebbero avvicinarsi alle tipologie dell'assassino seriale come quello dell'avvelenatrice romana (ma di origine gallica) Locusta. Venne accusata anche della uccisione dell'imperatore Claudio, di Britannico e di un numero imprecisato di altre persone. Arrestata fu condannata a morte nel 69 dopo Cristo durante le Agonalia. In questo caso difficile distinguere tra la killer prezzolata e l'assassina compiaciuta delle sue pozioni descritta da alcune fonti antiche come Svetonio. Era invece probabilmente un serial killer a tutti gli effetti Gilles de Montmorency-Laval (1405-1440). Barone di Rais, compagno d'Arme di Giovanna d'Arco si interessava di pratiche alchemiche condite con l'omicidio e lo stupro. Torturò e uccise, secondo le accuse centoquaranta adolescenti. Attorno al 1432 dopo lunghi anni di campagna militare contro gli inglesi e per una serie di incroci familiari si ritrovò ad ereditare un enorme ricchezza. Si diede rapidamente a spese folli e guerre private. Si fece rapidamente anche dei nemici. Contemporaneamente iniziò a dare la caccia alla pietra filosofale, condita con sacrifici umani. I suoi eccessi e le sue violenze portarono al suo arresto nel 1440. Iniziarono ad accumularsi testimonianze sulla scomparsa di bambini nelle sue proprietà. Ne approfittarono i suoi rivali, il duca di Bretagna e il Vescovo di Nantes montando un processo a senso unico. Finì prima impiccato e poi bruciato. Ma per gli storici attuali è difficile capire quanti dei reati di cui è stato accusato siano reali. Di certo la confessione di Gilles venne estorta con la tortura. Alcuni storici e antropologi, tra cui George Bataille, hanno provato a riconsiderare la realtà delle accuse. I giudizi sono divisi ma di certo il processo restò nell'immaginario collettivo. Tutta l'incredibile e truculenta faccenda ha ispirato lo scrittore francese Charles Perrault per la fiaba del 1697 Barbablù.

Ancora più truce, se possibile, la vicenda di Peter Stubbe che, nel 1589, fu giustiziato per «licantropia». Stubbe viveva a Bedburg, nei pressi di Colonia, secondo gli atti processuali gli sono attribuibili l'omicidio di due donne incinte e tredici bambini (compresi i suoi figli). Uccideva le vittime tagliando o mordendo loro la gola, dopodiché ne portava il cadavere in luoghi isolati per poterne bere il sangue ed estrarne gli organi interni (uccise anche suo figlio per mangiarne il cervello).

Una compulsione non molto diversa da quella dell'italiano Vincenzo Verzeni. Noto come il vampiro della Bergamasca venne condannato per l'omicidio di due donne e l'aggressione di altre sei tra il 1867 e il 1872. Il suo caso attirò l'attenzione anche di Cesare Lombroso. In questo caso siamo già di fronte ad un processo moderno e a testimonianze non estorte: «Io ho veramente ucciso quelle donne e ho tentato di strangolare quelle altre, perché provavo in quell'atto un immenso piacere.». Verzeni venne rinchiuso nel manicomio milanese della Senavra (il palazzo esiste ancora) e lì trascorse moltissimi anni. La scienza medica stava iniziando a spalancare gli abissi della mente umana per studiarli. I disturbi di Verzeni erano legati ad un'infanzia piena di violenze e di traumi. Cosa abbia trasformato in predatori seriali moltissimi prima di lui, non lo sapremo mai.

domenica 27 febbraio 2022

“VAMPIRI SEPOLTURA E MORTE” DI PAUL BARBER (PRATICHE, 1994): CASOMAI VI SERVISSE!

 In collaborazione con Simone Berni: https://www.cacciatoredilibri.com/vampiri-sepoltura-e-morte-di-paul-barber-pratiche-1994-casomai-vi-servisse/

Una piccola notizia libraria per gli appassionati di vampiri dal sito Cacciatore di libri.


ONZA LIBRERIA LIBRACCIO Piazza Indipendenza – Sabato 29 Gennaio 2022 Oggi alla libreria è stato avvistato un raro libro della collana Nuovi Saggi della casa editrice, non più in attività, Pratiche di Parma.

Si tratta di Vampiri: sepoltura e morte di Paul Barber (Parma, Pratiche, 1994); traduzione di Chiara Gabutti, prima ed unica edizione. Piuttosto costoso al tempo (38.000 lire), era oggi in vendita a 12 €.

Si segnala con la speranza che possa essere utile agli amanti delle tematiche legate al mistero, in particolar modo a quelle sui Vampiri. Il libro è raro, scomparsissimo dai canali di vendita. Una copia è stata venduta a dicembre 2021 per 85 €.

[Segnalazione di Alessandro Piana]



giovedì 16 luglio 2020

Un viaggio sulle tracce insanguinate dell'antichissima stirpe dei vampiri

tratto da Il Giornale del 16/11/2019

Nick Groom esplora la letteratura e le leggende da cui è nato Nosferatu

di Luca Gallesi

Creature come il Mostro di Frankenstein e il Vampiro non sono accomunate soltanto dalle innumerevoli pellicole spesso di serie B- prodotte dalla leggendaria casa cinematografica Hammer, ma appaiono intimamente legate sin dalla nascita del loro mito.

Nella notte buia e tempestosa del 16 giugno 1816, a Villa Diodati, sul Lago di Ginevra, alloggiano Byron, il suo medico John Polidori, Shelley, la sua futura moglie Mary Godwin, e la sua attuale amante, nonché sorellastra di Mary, Claire Clairmont. Affascinati dalle storie gotiche, decidono di scriverne una ciascuno e premiare la migliore. Come sappiamo, fu la giovane Mary a vincere la competizione, con quello che sarebbe diventato il riconosciuto capolavoro del genere: Frankenstein, ovvero il moderno Prometeo, mentre il racconto di Polidori, intitolato proprio il Vampiro, non fu particolarmente riuscito. Quello che non è noto, invece, è il legame tra il romanzo di Mary Shelley e la diffusione del nuovo concetto di vampiro del Romanticismo: lo scienziato Victor Frankenstein, infatti, considera la sua creatura «come il mio vampiro, il mio spettro uscito dalla tomba e destinato a distruggere tutto ciò che mi era caro». Con vampiro intendeva un predatore cattivo e ripugnante, esattamente ciò che voleva dire anche la prima moglie di Shelley, Harriet, quando scoprì i molteplici tradimenti del marito: «L'uomo che ho amato una volta è morto. Adesso è un vampiro!».

Troviamo questo insospettato collegamento tra fantasia e realtà in un avvincente saggio: Vampiri. Una nuova storia, di Nick Groom (il Saggiatore, pagg. 388, euro 25, traduzione di Denis Pitter), dove i mostri come li conosciamo oggi, ossia tramite la loro rielaborazione cinematografica, hanno poco spazio, dato che, come dimostra l'autore, professore di Letteratura inglese all'Università di Exeter, la figura del vampiro affonda le radici in un'epoca arcaica lontanissima dalla rielaborazione romantica e contemporanea. Ben prima del successo del romanzo Dracula, di Bram Stoker, infatti, i vampiri popolano trattati di teologia, referti medici, diari di viaggio, poesia e narrativa, mischiando scienza e superstizione, come questo saggio racconta, documentandone le remote origini slave.

È durante l'Illuminismo che il vampiro esce dal folklore para-religioso per assumere il ruolo di cattivo, quando Rousseau e Voltaire lo assimilano al commercio, gli scambi e l'intermediazione azionaria, esattamente come, nel secolo successivo, lo utilizzerà Marx quale metafora del villain, identificando l'ordine borghese con «un vampiro che succhia il sangue e il midollo». Anche nel Novecento, il Vampiro viene spesso utilizzato come metafora di cattiva politica, ad esempio quando addirittura un gentiluomo compassato come Keynes taccia il primo ministro David Lloyd George di essere «una persona radicata nel nulla, un vampiro!».

A riabilitare il vampiro, se non altro come elegante e irresistibile nobile, ci penseranno, nella seconda metà del secolo scorso, le pellicole interpretate dall'affascinante Christopher Lee, per giungere, infine, ai succhiasangue contemporanei, che popolano piccoli e grandi schermi, da Twilight a True Blood, fino a quelli più inquietanti, curiosamente dimenticati da Groom, ovvero i protagonisti del romanzo di Richard Matheson e dell'omonimo film- Io sono leggenda. Qui, in un crudele contrappasso, è l'ultimo essere umano sopravvissuto a incarnare il Mostro sanguinario, l'assassino spietato, l'incubo dei vampiri, stirpe che ormai domina, contrastata solo dall'ultimo uomo vivente, il pianeta.


mercoledì 21 agosto 2019

C'è un fratello di "Dracula" e ha sangue islandese

tratto da "Il Giornale" del 21 giugno 2019

«I poteri delle tenebre» presenta una versione alternativa a quella classica. Con trama e personaggi differenti

di Luca Crovi

«Esistono misteri su cui gli uomini possono solo fare congetture, e che, epoca dopo epoca, possono risolvere solo in parte».

Si apre con questa citazione da Bram Stoker un volume sorprendente intitolato I poteri delle tenebre. Dracula, il manoscritto ritrovato (Carbonio Editore). È l'edizione italiana di Makt Myrkranna che il traduttore e letterato islandese Valdimar Ásmundsson pubblicò nel 1900 accreditandola come la traduzione fedele del Dracula di Stoker, risalente al 1897. Makt Myrkranna venne pubblicato in Islanda sulla rivista Fjallkonan con un'introduzione inedita dello stesso Stoker, ma non è la semplice traduzione del classico vampiresco, bensì ne è una versione alternativa che presenta molte differenze rispetto all'originale e che proprio per le variazioni fa supporre che sia stata realizzata basandosi su una bozza diversa dell'opera originaria.

A fare la scoperta è stato il ricercatore Hans Corneel de Roos che da anni sta raccogliendo documentazione sul Dracula. Ci sono molti misteri che riguardano l'opera di Stoker. Ne esiste una sola copia dattiloscritta che l'autore donò al colonnello Thomas C. Donaldson. Il manoscritto è stato ritrovato tempo dopo in Pennsylvania in una stalla ed è stato acquistato all'asta da Paul Allen, uno dei fondatori della Microsoft. Esistono anche 124 pagine di appunti della stesura del Dracula che risultano incompleti e sono custoditi al Rosenbach Museum di Filadelfia. Le lettere in cui lo scrittore fa riferimento a quello che divenne un caposaldo della letteratura horror sono soltanto due. Una venne inviata al primo ministro britannico William Gladstone nel 1897 e Stoker vi afferma esplicitamente di aver desiderato «purificare la mente attraverso la compassione e il terrore». La giornalista Jane Stoddard fu l'unica che riuscì a intervistare Stoker per il British Weekly a poche settimane dalla pubblicazione del romanzo e condensò in sole 896 parole il suo pensiero. Fra le testimonianze più singolari sulla genesi dell'opera c'è quella del figlio di Stoker, Irving Noel, che confessò allo studioso Harry Ludlam che suo padre «attribuiva la genesi di Dracula a un incubo fatto dopo un'abbondante cena a base di granchi».

La versione islandese del Dracula pubblicata da Carbonio Editore apre uno scenario incredibile di indagine, perché il testo presenta scene inedite con un montaggio diverso e persino personaggi fino a oggi sconosciuti. Quindi, come ha ipotizzato Hans Corneel de Roos, questa edizione potrebbe essere basata su un manoscritto del Dracula diverso da quello arrivato sino a noi. Come spiega il pronipote Dacre Stoker nella prefazione a I poteri delle tenebre, «il contratto di Bram Stoker del 1897 con Archibald Constable lo lasciava chiaramente libero di vendere Dracula o far tradurre all'estero qualsiasi sua versione... sappiamo che Makt Myrkranna (Islanda, 1900) è stata di fatto la terza versione tradotta di Dracula, dopo l'edizione ungherese, del 1898, e quella svedese, del 1899». Ed esiste un collegamento tra il testo svedese e quello islandese, perché il secondo sarebbe una versione ridotta del primo, ma arricchita di sfumature nordiche.

Queste ipotesi rendono affascinante la lettura de I poteri delle tenebre che dunque è a tutti gli effetti una versione alternativa e parallela del Dracula. Le sorprese iniziano fin dalla citata prefazione inedita di Bram Stoker alla traduzione islandese del suo romanzo, dove dichiara che ciò che stava per raccontare era davvero accaduto: «ci tengo a sottolineare ancora una volta che la misteriosa tragedia qui descritta è completamente vera per quanto concerne gli eventi in sé, sebbene in alcuni punti, naturalmente, io sia giunto a conclusioni diverse da quelle delle persone che in queste pagine la raccontano. Ma gli eventi in quanto tali sono inconfutabili e non possono essere negati, poiché tante persone ne sono a conoscenza. Il ricordo di questa serie di crimini non è ancora svanito dalla memoria del pubblico - crimini che appaiono incomprensibili, ma sembrano scaturire dalla stessa fonte e hanno creato a loro tempo tanto orrore tra la cittadinanza quanto i famigerati omicidi di Jack lo Squartatore, che hanno avuto luogo qualche tempo dopo».

Ed è incredibile pensare che «per più di un secolo la barriera linguistica che ha diviso l'Islanda dal resto del mondo ha impedito agli amanti delle storie soprannaturali di godere di un'opera così eccezionale» come I poteri delle tenebre.


sabato 20 luglio 2019

Questione di vampiri

tratto da: http://www.cacciatoredilibri.com/questione-di-vampiri/

Il 16 giugno 1816 è una data che nessun amante dell’horror dovrebbe ignorare. Fu una notte di tempesta e di vento incessante per gli ospiti di una Villa sul Lago di Ginevra, Villa Diodati, i quali, impossibilitati ad uscire, non trovarono niente di meglio che sfidarsi a scrivere racconti del terrore. Tra di loro c’era nientemeno che Lord Byron, accompagnato dal suo medico e segretario personale John W. Polidori. Tra gli altri ospiti c’erano Percy Shelley e la sua compagna Mary Wollstonecraft, e anch’essi presero parte alla sfida.
Il mattino seguente erano così nate due delle creature delle tenebre tra le più popolari per tutto il XX secolo e fino ai nostri giorni: Frankenstein e Il Vampiro, quest’ultimo l’autentico precursore del Dracula di Bram Stoker. La signora Wollstonecraft, infatti, di lì a poco sposerà il suo compagno assumendone il cognome, Shelley, ed è da tutti ricordata come la creatrice di Frankenstein.
Meno noto per il grande pubblico, invece, è il primo Vampiro letterario il cui protagonista presenta già in nuce le tipiche connotazioni del vampiro Stokeriano, ossia un gentiluomo di nobile stirpe, di bell’aspetto, che sugge il sangue alle sue malcapitate vittime di notte, per poi nascondersi o defilarsi di giorno.
Fu l’umile medico-segretario di Byron, ossia John William Polidori, inglese di origini italiane, a creare questa figura, mutuandola dalle caratteristiche di un personaggio (Lord Ruthwen) di un’opera del suo più famoso e talentuoso principale. L’opera di Polidori uscirà solo nell’aprile del 1819, prima in periodico e poi in volume, con il titolo The Vampyre: A Tale (London: Sherwood, Neely, & Jones). Fu attribuita inizialmente allo stesso Byron, il quale ne rigettò energicamente la paternità. Lo stesso anno il libro uscì in Francia, sempre in inglese, con il titolo The Vampyre: A Tale by the Right Honorable Lord Byron (Paris: Galignani, 1819). Ma quale fu la prima edizione italiana? Da sempre i nostri bibliografi riportano un’edizione del 1831, stampata a Udine (probabilmente un’edizione clandestina). Il riferimento lo troviamo nell’opera più importante dedicata alla letteratura “vampiresca”, ossia I vampiri tra noi, a cura di Ornella Volta e Valerio Riva (Milano, Feltrinelli, 1960). I curatori citano pertanto Il Vampiro, novella di Lord Byron del 1831 come prima apparizione dello scritto nella nostra lingua. Tra l’altro il libro non pare posseduto da alcuna biblioteca.
Fabio Giovannini, massimo esperto di letteratura sui vampiri in Italia, fa giustamente notare che il racconto di Polidori ebbe una fama e una popolarità così alta in quegli anni che non si può pensare che la prima edizione italiana sia apparsa solo dodici anni più tardi. Ce ne deve essere stata qualcun’altra nel frattempo. Ma nessuna biblioteca italiana sembra venire in soccorso del curioso bibliografo deciso a vederci chiaro. Ultim’ora: Fabio Giovannini segnala che nel periodico Il Raccoglitore, anno 1820, vol. VII, Milano, esiste una versione raccontata del Vampiro di Polidori, a cura di Davide Bertolotti.

sabato 8 dicembre 2018

Riflettori su: “Vampiro Futurista” di Guido Andrea Pautasso

tratto da http://www.cacciatoredilibri.com/riflettori-su-vampiro-futurista-di-guido-andrea-pautasso/

Pautasso, futurista “di frontiera”

Lo scrittore Guido Andrea Pautasso nel suo studio

Guido Andrea Pautasso (Milano, 1969), artista e saggista. Curatore di collane editoriali, mostre a carattere storico, collaboratore per case editrici, periodici ed emittenti radio-televisive.

Tra le sue opere più note si ricordano: Mangiare con arte per agire con arte: epopea della cucina futurista (Cremona, Edizioni Galleria Daniela Rallo, 2010); Piero Manzoni: divorare l’arte (Milano, Electa, 2015); Moda futurista: eleganza e seduzione (curatore) (Milano, Abscondita, 2016).

Pochi giorni fa esce la sua ultima fatica: Vampiro futurista: i futuristi e l’esoterismo (Albissola Marina, Vanillaedizioni, 2018), con presentazione di Luca Bochicchio, prefazione di Sara Tongiani e blurb di Andrea Kerbaker in quarta di copertina.

Facciamo due chiacchiere con l’autore

Pautasso, lei si era già occupato di “vampiri” – per così dire – quando nel 1998 (in occasione del centenario del Dracula di Bram Stoker) – aveva pubblicato un contributo dal titolo Il Vampiro nella letteratura italiana in un saggio per le Edizioni Nord. All’epoca però non sembrava aver già maturato le riflessioni fra Futurismo ed Esoterismo che invece adesso spiega compiutamente in Vampiro Futurista. Ce ne può parlare?

“In verità ho scritto del Vampiro già nel 1993, esattamente venticinque anni fa. Dopo aver letto il saggio di Giuseppe Tardiola sull’argomento, Il vampiro nella letteratura italiana (stampato da De Rubeis Editore, Anzio 1991), mi sono impegnato in una recensione al libro, intitolata Appunti per una ricerca sul tema del “vampiro” nella letteratura italiana, pubblicato sulla rivista “Lingua e Letteratura” (Istituto Universitario di Lingue Moderne, Anno XI, n.21, Milano autunno 1993), in cui notai come Tardiola accennava alla relazione esistente tra Vampiro e Futurismo senza però approfondire la ricerca. A quella recensione (che in parte ha contribuito alla stesura successiva dell’incipit del Vampiro Futurista) fece seguito, cinque anni dopo, un articolo apparso su “Il Secolo d’Italia”, intitolato L’anima nera di Marinetti, in cui sollecitavo gli studiosi di Futurismo a occuparsi della presenza del fenomeno del vampiro nella letteratura futurista; poi lo stesso anno collaborai alla realizzazione della mostra-evento Vampiri, e sul catalogo pubblicai il saggio Il Vampiro e la letteratura italiana corredato da alcune immagini assai rappresentative dei libri in cui appariva il Principe delle Tenebre. Da allora non ho mai smesso di indagare sul vampirismo e la sua relazione con le avanguardie artistiche e letterarie, e questa ricerca mi ha consentito di portare alla luce un aspetto spesso e volentieri considerato una curiosità culturale e intellettuale marginale, ovvero l’esoterismo dei futuristi: elemento in verità quasi fondamentale per taluni artisti e scrittori futuristi.”

Come cacciatore di libri non posso però sorvolare sulla messe di preziosissimi dati che lei fornisce in quest’ultima opera. Oltre tutto la scelta editoriale di pubblicare a colori le copertine dei libri di cui parla mi sembra un invito abbastanza esplicito al collezionista e al cacciatore di libri. Forse presto la riterranno responsabile – come già il sottoscritto – di aver fatto lievitare la valutazione dei libri sull’argomento. Ci aveva pensato?

“Questo è un libro fatto da libri, in particolare basato sulla lettura di libri e non solo sul loro possesso, e non è un catalogo di una libreria antiquaria. Spero soprattutto che Vampiro Futurista stimoli i lettori a ricercare e ampliare gli argomenti stessi che mi sono trovato ad affrontare. Il libro futurista ha un suo mercato: direi che io posso involontariamente averne allargato l’orizzonte, mea culpa.”

Ogni opera, ogni studio accurato di un argomento, secondo me, alla fine, si può dire che nasca da un altro libro. Quale può essere considerato nel suo caso il libro la cui lettura (o la cui esistenza) ha ispirato questo saggio?

“Ricordo la lettura di alcuni libri che non sono futuristi: Il Vampiro. Commedia in cinque atti del Barone Gio. Carlo Cosenza del 1825; Il vampiro. Ballo fantastico del coreografo Giuseppe Rota da rappresentarsi al R. Teatro alla Scala nella stagione 1860-1861 e poi il ritrovamento della prima edizione in italiano di Dracula. L’uomo della notte. Per quanto riguarda l’avanguardia Futurista, devo confessare che il volume di Vladimiro Miletti dal titolo Novelle con le giarrettiere è stato per me una specie di folgorazione, anche per la sua pruriginosa copertina a colori. Poi ricordo come veri coup de foudre le poesie di Giuseppe Fabbri raccolte in Sarabanda: Lupanare azzurro (Milano, Edizioni Upid, 1927), dove compare l’immagine inquietante del Vampiro Ermafrodita, e il rinvenimento di alcuni fascicoli di “Senza veli”, rivista del 1921, in cui viene segnalata la nomina di Filippo Tommaso Marinetti a presidente del Circolo Occultista milanese: altra rivelazione straordinaria.”

Come giustamente fa rilevare Andrea Kerbaker nel suo blurb, alcuni titoli citati nel libro, come Risate e rasoiate contro le barbe visibili e invisibili (Roma, Le Smorfie, 1933) del poeta Fernando Cervelli, o L’anima in camicia da notte (Napoli, A. Morano, 1927) di Diego Calcagno, parrebbero creati di sana pianta dall’autore in vena di scherzi. Un po’ come i titoli inventati da Paolo Albani e Paolo della Bella in Mirabiblia (Zanichelli, 2003). Ma di fatto esistono in “carne ed ossa”. Non crede che anche solo l’aver creato simili suggestioni possano fare presto di Vampiro Futurista un vero e proprio libro cult?

“Sì, come scrive Kerbaker, Vampiro Futurista è tutto un morso, e spero che voluttà, sensualità, sessualità perversa e vampirismo non diventino solo argomenti scabrosi da giudicare come velleità intellettuali superficiali ma possano allargare l’orizzonte di chi studia il Futurismo senza pregiudizi e preclusioni. Credo che debbano essere i lettori a giudicare Vampiro Futurista un libro cult: aspettiamo le loro considerazioni…”

Per concludere, non posso fare a meno di chiedere qualcosa sulle potenzialità bibliofile di Vampiro futurista. Ritiene che una tiratura limitata di venti o trenta copie in carta speciale – in aggiunta alla tiratura ordinaria – potrebbe dare alla sua opera quel tocco bibliofilo in più, che in effetti merita?

“Spero di poter realizzare presto una mostra dedicata al Vampiro Futurista e magari per l’occasione potrebbe nascere una tiratura speciale del volume. Per ora il grande sforzo di Vanillaedizioni ha consentito di far conoscere ai lettori la mia ricerca, che è durata più di venti anni, e che mi ha portato a incappare, con cognizione di causa, in quelle che Gianfranco de Turris chiama oggi discipline di frontiera.”

sabato 5 settembre 2015

Odissee di sangue

Odissee di sangue. Vita, miti, leggende, vampirismo. Da Vlad l'impalatore a Erzsébet Bathory, da Gilles de Rais a Sawney Bean. E ben oltre... Un libro di Roberto Volterri, edito da Eremon Edizioni.



Se questo libro dovesse diventare un film, sarebbe forse “Vietato ai minori di anni 18” o per lo meno “che siano presenti degli adulti in caso di visione da parte di minori”. Perchè? Perché è un ‘viaggio’ tra alcune tra le più atroci nefandezze che l’homo homini lupus può avere commesso nel corso dei secoli. Il ‘viaggio’ parte con una lunga esplorazione – compiuta dall’Autore – della Transilvania e dei castelli in cui abitò Vlad III Tepes, l’Impalatore, personaggio al quale si è ispirato il romanziere irlandese Bram Stoker per il suo immortale ‘Dracula’. Prosegue nel castello di Csejthe dove la ‘Contessa sanguinaria’ Erzsébet Bathory assassinò decine e decine di innocenti fanciulle per bagnarsi nel loro rosso fl uido vitale alla ricerca di un’eternità che invece la condusse ad essere murata viva. Assisterete poi ad un vero e proprio ‘Synodus horrenda’ ovvero al processo al cadavere di Papa Formoso, conclusosi con la condanna ad essere gettato nel Tevere. Ma era morto da mesi… Vi interessa una rapida esplorazione del bosco in cui visse e compì sanguinosi eccidi Elly Kedward, la ‘Strega di Blair’? ‘Vampira’ realmente vissuta alla fi ne del XVIII secolo alle cui atroci gesta si ispirò il folle omicida Rustin Parr, reo confesso dell’omicidio di sette bambini perché ubbidiva ai comandi della ‘strega’ che in quello stesso bosco aveva ucciso quasi due secoli prima? E il nome di Gilles de Rais non vi dice nulla? Le sue folli gesta, le sue violenze su innocenti fanciulli compiute nei castelli in cui celebrava anche cerimonie ‘sataniche’ ispirarono Perrault per la stesura della celebre favola ‘Barbablù’. Ma il vostro ‘viaggio’ non termina certo qui, poiché vi attendono altre ‘odissee di sangue’, qualche interessante esperimento sul tema e un’interpretazione ‘scetticamente psicologica’ dell’umana follia…

domenica 21 luglio 2013

Vampiri e spettri Ecco i nonni italiani del «fantastico»

Tratto da Il Giornale del 18/07/2013

di Gianfrando De Turris

Nonostante il nostro retaggio mitico, leggendario, folklorico, favolistico che risale addirittura alla classicità per poi fiorire nel medioevo, non possiamo dire di possedere una vera e propria tradizione fantastica, considerando tale quella che si è formata e codificata in tutta Europa durante il romanticismo, e che ne ha fissato i canoni quali oggi comunemente s'intendono. Il fatto è che il nostro romanticismo è stato risorgimentale, vale a dire a sfondo politico, ed ha tagliato le gambe al recupero appunto di miti, leggende, folklore e favole nazionali come avvenne in Francia, Gran Bretagna e Germania. In più ci si mise anche la critica «ufficiale», da Francesco De Sanctis a Benedetto Croce, per dire che quel tipo di romanticismo fatto di brughiere e di «fantasime» non era adatto alla nostra «anima» classica.



Nello stesso tempo, però, non è che non esistano nella nostra storia letteraria degli ultimi due secoli temi, argomenti, spunti «fantastici». Anzi, si può dire che la tentazione del fantastico abbia colpito un po' tutti i nostri maggiori scrittori, veristi compresi, anche se saltuariamente. Più diffusa la vena sotterranea a livello di narrativa popolare, e lo sforzo di una critica aperta e intelligente dovrebbe essere quello di riportarli alla luce.
Cominciò a metà degli anni Ottanta un pioniere come Enrico Ghidetti con la sua antologia Notturno italiano, alla quale seguirono quelle curate da Lattarulo, Farnetti, Reim, D'Arcangelo e Gianfranceschi, più di recente di Foni e Gallo. Sovente però autori e storie risultano gli stessi: bisogna quindi continuare a scavare in archivi, biblioteche, collezioni di giornali e riviste sia popolari che di più alto livello. Alcuni, come il bravissimo Riccardo Valla, scomparso improvvisamente a gennaio, ci stava provando in proprio scansionando vecchi testi introvabili da mettere in Rete, compito che sembra si assumerà adesso fantascienza.com di Silvio Sosio.
Ora però, in quel di Mercogliano provincia di Avellino, ecco che è nata una piccola ma efficiente casa editrice, la Keres (www.keresedizioni.com) che sotto la direzione di Antonio Daniele si è data alla riscoperta di quello che potremmo definire il protofantastico italiano, dando alle stampe tre libri non solo di bella presenza con adeguate copertine e impostazione grafica, ma anche ben curati con note, biografie e bibliografie, foto dell'autore e documenti d'epoca, a dimostrazione di un interesse critico-storico. Particolare attenzione al mito supernazionale del vampiro in una ampia accezione, intanto con l'antologia Vampiriana (pagg. 160, euro 16) che riunisce otto racconti dal 1885 al 1917, cioè pubblicati prima che fosse tradotto in italiano (1922) il Dracula di Stoker, a dimostrazione di come ci fosse attenzione ad un tema che non è solo del gotico inglese o tedesco. E poi con due romanzi, vere e proprie riscoperte, riedite dopo un secolo e più.
Uno è il primo romanzo italiano sull'essere della notte, appunto Il vampiro. Storia vera (pagg. 238, euro 13) del barone Franco Mistrali (1833-1880), giornalista, scrittore, garibaldino e anticlericale, uscito nel 1869, che nulla deve a Stoker, anzi con la sua vampira Metella anticipa la Carmilla/Mircalla di Le Fanu, e con il suo quadro inquietante Il ritratto di Dorian Gray di Wilde. Il secondo, L'anima, curato da Gianandrea de Antonellis (pagg. 190, euro 13), uscì nel 1893 e lo scrisse Enrico Annibale Butti (1868-1912), detto «l'Ibsen italiano», ed è una storia di fantasmi, apparizioni, passioni violente umane e al di là dell'umano. In entrambi, data la cultura e la psicologia dei due autori, si scontrano scienza e fede, razionalità e irrazionalità, materia e spirito, oscillando i protagonisti fra l'incredulità di fondo e il desiderio di credere a fatti oggettivamente inspiegabili e sovrannaturali.
Vere sorprese per i lettori di oggi che cominceranno così a scoprire le radici dell'Immaginario italiano.