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domenica 22 aprile 2018

MARTE, I MICRORGANISMI POTREBBERO VIVERE FINO A 3 MILIONI DI ANNI

tratto da L'Opinione del 13 novembre 2017

di Redazione

Nel caso in cui Marte ospitasse forme di vita elementari, queste potrebbero sopravvivere anche fino a 3 milioni di anni, a condizione di sfuggire ai raggi cosmici e ibernate nel sottosuolo a 2 metri di profondità. È quanto emerge dalla simulazione condotta da un gruppo di biologi russi coordinati dall’Università di Stato Lomonosov di Mosca, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Extremophiles. I ricercatori hanno utilizzato come modello le colonie del terreno perennemente ghiacciato dell’Artico, il permafrost, e su questa base hanno riprodotto in laboratorio, in una camera climatica, le proibitive condizioni marziane: basse temperature e pressione, nonché continua esposizione a radiazioni ionizzanti. Oggi Marte è, infatti, un luogo poco adatto alla vita: l’atmosfera è sottilissima e il suolo è continuamente bombardato e sterilizzato da raggi cosmici e raggi gamma. La temperatura media, inoltre, oscilla intorno ai meno 63 gradi e - nelle zone polari come nelle ore notturne - può scendere fino a meno 145 gradi. Nonostante queste condizioni proibitive, lo studio dimostra che sotto la superficie Marte potrebbe nascondere sorprese, consentendo ai microrganismi di sopravvivere più a lungo di quanto si pensasse.

Una buona notizia per la missione ExoMars 2020, nella quale le agenzie spaziali di Europa (Esa) e Russia (Roscosmos) prevedono di spedire su Marte un veicolo robotico con le ruote (rover): un laboratorio mobile per lo studio del sottosuolo controllato da Terra ed equipaggiato con un trapano italiano realizzato da Leonardo, destinato a perforare il terreno marziano fino a 2 metri di profondità a caccia di possibili tracce di vita microbica, presente o passata. Nella missione l’Italia ha un ruolo di primo piano, con l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), l’industria, con la Thales Alenia Space (Thales-Leonardo), e il mondo della ricerca, con l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) e diverse università.

sabato 25 novembre 2017

"Gli alieni esistono: lo dice la matematica"

tratto da "il Giornale" del 29/09/2017

L'astronoma italiana che studia le onde gravitazionali: "Altre vite? È statistica..."

di Marco Lombardo

L'esplorazione dello spazio di Lina Tomasella è partita dal sottosuolo: «In effetti la prima passione è stata la biologia e facevo la speleologa nelle grotte di Veneto e Friuli.
La bio-speleologa esattamente». Adesso è passata dall'altra parte dei misteri dell'esistenza: è ricercatrice presso l'Inaf-Osservatorio Astronomico di Padova, nonché coordinatrice e responsabile delle attività dell'osservatorio di Asiago, quello che ha i più grandi telescopi ottici d'Italia. In più è nel Gruppo Italiano Gravita, che si occupa degli studi sulle onde gravitazionali, nei quali il nostro Paese ha raggiunto i risultati raccontati giusto due giorni fa. Grazie allo strumento Virgo, a Cascine.

E dunque, cosa scopriremo ancora adesso?

«Beh, chi può dirlo. Negli ultimi anni le scoperte aumentano. E così anche i misteri».

Come si comincia a fare l'astronoma?

«Essendo appassionati di scienze, naturalmente. Io in realtà sapevo di voler fare la ricercatrice e ho partecipato anche alla prima edizione del concorso per i giovani scienziati d'Europa, nel 1989. L'ho vinto con uno studio sulla tossicità dei coloranti».

E lo spazio che c'entra?

«Tutto c'entra con lo spazio. Diciamo che un dottorato un Astrofisica ha cambiato la mia strada».

Negli ultimi tempi le notizie in arrivo dall'universo si sono moltiplicate...

«Certo, è perché abbiamo ancora più conoscenze. Poi ci sono segnali spaziali che ancora non riusciamo a capire, ed è per quello che sogniamo che arrivino da qualche civiltà extraterreste».

Però?

«Però prima di tutto uno scienziato deve studiare e catalogare; e col tempo si riescono a capire cose incomprensibili. Prendiamo come esempio le pulsar, oggetti densi che ruotano velocemente. All'inizio non si sapeva come fossero: funzionano come un faro, il segnale arriva con periodo rotazione. Facile pensare che possa essere un messaggio da un'altra specie. Poi però sono stati fatti i calcoli, e...».

Lo spazio è matematica?

«Sicuramente: quello è il motore. Anzi: è il linguaggio con cui l'universo si esprime. Esistono delle costanti che ormai sono conosciute. E ci aiutano a capire ciò che sembra imperscrutabile».

Per esempio?

«La struttura dell'universo è a spugna, con vuoti e filamenti che contengono le galassie. Tutto rispecchia le condizioni iniziali della sua formazione e le successive evoluzioni. Il Big Bang ha insomma dato le regole base, il resto è equazione».

Ora sappiamo anche che esistono pianeti abitabili.

«Dal 1995 ad oggi, quando è stato scoperto il primo, le tecniche si sono raffinate. Presto, grazie ai nuovi telescopi, potremo studiare anche la loro atmosfera».

Lo spazio è matematica: ma è anche filosofia?

«Noi siamo scienziati, le interpretazione personali non lo sono. Noi studiamo e arriviamo a un punto. Per dire: ciò che era prima del Bing Bang non è scienza perché i modelli matematici in questo caso possono dare risposte, ma non certezze».

Sì, ma l'astronomo si fa delle domande?

«Ma certo: la curiosità è il motore della nostra professione. Scienza e religione sono cose separate. Però arrivi un punto in cui qualche domanda te la fai, anche se il nostro compito è dare risposte attraverso i dati».

E la domanda resta sempre la stessa.

«Se c'è vita nell'universo? Certo, è una questione statistica: con così tanto spazio e così tanti soli, ci sono tantissimi pianeti. La difficoltà dalle difficoltà di comunicazione vista la distanza e dal rapporto spazio-tempo. E curvare l'universo per trovare scorciatoie per ora è pura fantasia».

Quindi, gli alieni...?

«Esistono. Lo dice la matematica».